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294 | giacomo leopardi |
Appresso avete tutte le illusioni, alle quali, in un momento di oblio, si abbandona l’amante. L’amante non osa domandare amore, perché sente di non poter essere amato, e chiede pietà, e, ottenutala, è preso da un brivido di voluttà:
Or mentre |
Quello che è pietà nella donna, in lui diventa il tremito della voluttà, e si abbandona a quella voluttà. Non vedete qui i primi tratti di una poesia tanto drammatica, il Consalvo? Che cosa è il Consalvo se non la pietà di Elvira per l’amante, e la voluttà di lui sotto quel bacio?
E quando quell’oblio è interrotto dalla voce del vero, che dice:
Nostre misere menti e nostre salme |
quando apparisce il terribile mistero della morte, la separazione dell’amico dall’amico, del padre dal figlio, e tutto questo è come una voce d’«outre-tombe», che vi agghiaccia; tutto ciò, quando il poeta sentirà la punta di quella separazione, lo vedrete nell’Amore e morte, dove è sviluppato ciò che qui è solo motivo.
Al Sogno succede la Vita solitaria. È questo un tema comune, in tutti gl’idillii e presso tutte le nazioni. L’uomo per vivere ha bisogno di corrispondenza, e quando è solo si sente vedovo, e la solitudine fomenta in lui il desiderio di quella corrispondenza, e quando non la dà l’uomo né la donna, egli la cerca nella natura. Capite perché il sentimento della natura è più gagliardo negli uomini, che più si sentono soli e che son più malinconici. E la poesia della natura è l’incanto di quell’uomo, che lascia la città e riman solo con sé e con la natura. Questo sentimento riempie il vuoto della sua esistenza. Tutte le poesie sulla solitudine hanno un fondo comune, la malinconia di una