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III

DAI MANOSCRITTI DI AVELLINO

Silvia.

Se il poeta ha saputo tracciare l’immagine serena d’un pastore semplice ed ingenuo dirimpetto al formidabile silenzio della natura, qui con pari felicità pone di rincontro all’arcana natura le gioie e le illusioni della prima giovinezza. Il poeta ricorda la giovinetta Silvia e sé stesso, còlta una dalla morte e l’altro dal disinganno, appena nel limitare della giovinezza. Rifà quelle illusioni, rappresenta quelle gioie, come aveva rappresentato i dolci sentimenti della Quiete dopo la tempesta e del Sabato del villaggio. Silvia è la prima donna che sia uscita dalla sua immaginazione, una perfetta creatura di donna, scomparsa appena nata, un femminile sparente, che svanisce subito nel vuoto e nel nulla, in una tomba ignuda, dice il poeta. Così una vita breve e gioiosa è posta dirimpetto al mistero della natura. Ciò che c’è di filosofico e di astratto nel pensiero, è annegato nella pienezza delle immagini e dei sentimenti d’una vita naturale e terrestre.

A Recanati

Il Canto del pastore e la Silvia sono le cose più belle del Leopardi spuntate sotto il cielo toscano. A quel tempo la sua