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28 | giacomo leopardi |
anche buona. Egli non vuol parafrasi, non perifrasi, e non frasi. Motteggia Poinsinet, che, dove Anacreonte dice: «rallegrato dal vino», traduce:
Dans une débauche agréable... Ivre des plaisirs de la table. |
Il giovane poeta si sdegna di questi belletti, non vuole abbellire il bello, e non vuole con lunghi giri dire quello che non può con un vocabolo. Proprietà, chiarezza e semplicità sono il fondamento della sua poesia, e sono fondamento buono, più che giovanile, diresti, di uomo maturo. Chi ne voglia esempio, legga il Sogno d’Europa e la descrizione del suo paniere, o il suo sopore mattutino. Raro è che in queste poesie incontri un pensiero tra nebbia, equivoco o confuso, intravveduto più che veduto, e che ti lasci perplesso. Fra varii casi è questo d’Europa sul dorso del toro in mare, che in su traeva la veste:
. . . . .onde potesse appena L’onda attratta bagnarne un orlo estremo. |
Se il mare, quantunque Europa traesse in su la veste, ne lambiva l’orlo estremo, fu non perché lo volesse Europa, anzi benché non lo volesse.
Ma proprietà, chiarezza, semplicità sono una base solo iniziale dell’arte; sono il disegno, come dicono i pittori, e non il colore; ti danno la figura nel suo essere e non nel suo moto, non nell’atto della vita.
Or chi guardi questa traduzione, troverà non so che squallido e anemico nell’aspetto, come una figura ben conformata e ben disegnata, ma tesa e rigida, corpo e braccia. Visibile è il difetto di colore e di rilievo. C’è la cosa, non ci è il suo sentire e la sua impressione. Dice del toro che rapisce Europa:
Par ch’abbia senno, e quasi un uom somiglia; Solo gli manca il proferir parole. |