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e popolarità e nessuno ne dava esempio, può misurare il valore di questo schizzo, e giudicarlo come l’apertura musicale di una nuova èra. Dico apertura musicale, perché qui non è ancora chiaramente espresso un nuovo contenuto, né una nuova forma, ma ce n’è come l’aria e il presentimento. Ci si scorge ancora una parentela con studi e modelli antichi. Manca a questa forma la bonomia e l’ingenuità, e la morbidezza, una compiuta chiarezza, come si vede nel secondo periodo, dove quell’atto intellettivo del comparare e quel cumulo di oggetti aridi ti lascia freddo e perplesso, quasi abbi innanzi una forma logica, e non una visione chiara e immediata.

Maggior delicatezza di forma e un sentimento idillico più schietto è nei sedici versi Alla luna. Il concetto è il piacere della ricordanza nei giovani, ancoraché trista; ond’è che quei versi furono prima intitolati La ricordanza, titolo poi dato ad altra poesia. Ma il concetto non è qui la sostanza, come nell’Infinito. La sostanza è un momento psicologico, la rappresentazione di uno stato dell’anima; e lo stesso concetto non è che quello stato in forma generale.

La scena è sempre su quel colle. Il giovane è in quello stato di dolce malinconia, che ti rende cara la natura, quasi persona, quasi la tua confidente. Guarda la luna che pende sulla selva e la rischiara. E ricorda l’anno passato: — Lo stesso dì, la stessa ora ho visto la luna anche così... Era chiara, pur mi appariva velata di una nube. Ma la nube era nei miei occhi lagrimosi; piangevano allora e piango ora —.

Queste cose egli dice alla luna, come alla sua amica: «O graziosa luna»! La gli sembra una grazia in quell’attitudine. La malinconia gli aguzza il senso della bellezza, ed entra in colloquio con lei, e come un amante le ricorda con precisione dov’era lei, dov’era lui, e come la guardava, — e ti guardavo così, perché piangevo, — e le confida che era triste, con una rassegnazione piena di grazia, sciolta la lacrima in un sorriso tenero; la graziosa luna diviene la sua luna, la sua diletta luna.

Non c’è solo il «noverar l’età del suo dolore», il ricordare, che gli è caro, e gli asciuga la lacrima e lo fa sorridere. È ancora