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il genere narrativo 171

gine, come quella di Rodinò, e l’altra di Fabbricatore, ch’era la sua prediletta. E già venivano in fama parecchi giovani valorosi, entrati in molta dimestichezza con lui, come Luigi Settembrini, Vito Fornari, Antonio Mirabelli. Tutti onoravano in lui l’educatore della gioventù.

Mi ricordo il grande scalpore che fece, quando gli venne a mano un opuscolo di Luca suo fratello, in confutazione de Le ultime parole di un credente, un libro di molto strepito e letto avidamente: chiamava l’opera del fratello un basso atto di cortigianeria verso il governo. Da lui non venne mai niente di basso e di servile; poteva dunque esser contento. Ma in quella nuova aria si sentiva affogare, e vi si dibatteva 4 e l suo meglio. Se la prendeva con certuni come Cesare Malpica e Domenico Anzelmi, e con parecchi altri che beffeggiavano lui e la scuola; e queste erano miserie non degne della sua collera.

XXVIII

IL GENERE NARRATIVO

Questa storia di bassi fondi non giungeva sino a noi. Quello che c’era di novità non ci attirava, perché già da lungo tempo ci eravamo messi in una nuova atmosfera letteraria, con serietà d’intenti e di studi, e ci parevano ridicoli i pretesi novatori, non vedendo in loro che ignoranza e superficialità. L’inverecondia delle polemiche ci moveva disprezzo e disgusto. La persona di Basilio Puoti c’era divenuta più veneranda, appunto per le basse contumelie di cui era fatto segno.

La conclusione fu che ci demmo con più ardore agli studi, cercando con avidità tutti i libri nuovi intorno ai problemi letterari, di cui allora si parlava molto più con presunzione che con competenza. Questi libri circolavano nella scuola, se li prestavano, ne disputavano; io i miei li prestavo volentieri, e ne parlavo sempre, e non tacevo mai le fonti ove attingevo.

Quest’anno il mio corso fu intorno al genere narrativo, sotto