Pagina:De Sanctis, Francesco – La poesia cavalleresca e scritti vari, 1954 – BEIC 1801106.djvu/118

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v. l’«orlando furioso» ii3
     Il magno Imperator, fuorché la testa,
È tutto armato, e i Paladini ha presso:
E domandando vien che cosa è questa
Che le squadre in disordine gli ha messo:
E minacciando, or questi or quegli arresta;
E vede a molti il viso o il petto fesso.
Ad altri insanguinare o il capo o il gozzo,
Alcun tornar con mano o braccio mozzo.
     Giunge più inanzi, e ne ritrova molti
Giacere in terra, anzi in vermiglio lago,
Nel proprio sangue orribilmente involti.
Né giovar lor può medico né mago;
E vede dagli busti i capi sciolti,
E braccia e gambe con crudele imago;
E ritrova, da i primi alloggiamenti
A gli ultimi, per tutto uomini spenti.

In questa ottava magnifica, con una unità periodica tutta sua, vi presenta prima lo spettacolo indeterminato d’un lago di sangue, che poi analizza, e quindi vi mostra l’estensione del danno.

Ruggiero e Marfisa sopravvengono dall’altra parte. L’autore rappresenta direttamente, ma senza particolari, il loro operato: non pensano a far prodezze, ma solo a camminar verso il campo pagano.

     Per lungo e per traverso a fender teste
Incominciaro, a tagliar braccia e spalle
Delle turbe che mal erano preste
Ad espedire e sgombrar loro il calle.
Chi ha notato il passar de le tempeste,
Ch’una parte d’un monte o d’una valle
Offende e l’altra lascia, s’appresenti
La via di questi duo fra quelle genti.

Ariosto non s’interessa. Prende la cosa dal lato ridicolo. Rappresenta gl’infelici che, scappati da’ primi, mentre ringraziavano Dio della prontezza delle loro gambe, davano di muso in Ruggiero e Marfisa; ma questo comico è amareggiato dal pensiero della fatalità di quelle morti.

F. de Sanctis, La poesia cavalleresca. 8