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v. l’«orlando furioso» | i23 |
In Alcina l’autore ha voluto rappresentare la semplice bellezza materiale delle linee, senza grazia o leggiadria: fenomeno nuovo in Italia. Laura, Beatrice corporalmente sono appena indicate; questa è la prima traccia del realismo in poesia. Quest’analisi è una specie di anatomia della bellezza materiale: la descrive dalla chioma fino a’ piedi. Il Lessing ha censurato questa descrizione come troppo materiale; ma la materialità è qui il segreto della poesia.
Ruggiero aspetta Alcina preso da un solletico puramente materiale, non ama. È benissimo descritta la sua impazienza.
Alcina è vinta da Melissa, che libera tutti i «conversi in fonti, in fere, in legni e in sassi», e fra questi anche Astolfo. È un fenomeno curioso ed osservabile che la virtù sia quasi sempre prosaica. Melissa non ha né forma né immagine; Alcina è presente ad ogni memoria di lettore dell’Ariosto. Perché ci fa impressione come uomini estetici quello che sprezziamo come morali? Perché la virtù è rappresentata come dovere, perché se ne fa la negazione delle passioni; perché se ne rappresenta di essa non il positivo ma il negativo. Questo è il difetto del Paradiso e del Purgatorio dantesco, per questo il suo Inferno ha maggior interesse; l’uomo, va spassionandosi a poco a poco, sinché sciolto dal corpo rimanga un puro spirito, cioè un’astrazione.
Alcina ha una vita interna; quindi v’interessa. Melissa è senza passioni, fa quel che fa perché deve farlo; senz’amore, sdegno, odio; senza sentir le passioni della virtù. Il virtuoso ha le passioni della sua virtù; vedendo uno svergognato che presume di guardarlo, gli ribolle il sangue: è Dante con Filippo Argenti: è la virtú divenuta poetica. Melissa è un instrumento prosaico, impiegato dal poeta per esprimervi una idea; pure, debb’esservi cara come benefattrice d’Astolfo, che fa ridiventar uomo.