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i28 la poesia cavalleresca

stume. Diciamo d’una donazione fatta con cattivi fini, che puzza. La donazione di Costantino è rappresentata da un gran mucchio di fiori già odorosi, ora puzzolenti. In queste immagini c’è attualità, non nelle altre che rimangono sbiadite. Poi giunge dov’era il senno: ma prima finisce l’elenco delle cose perdute con un tratto di spirito:

     E vi son tutte l’occorrenzie nostre:
Sol la pazzia non v’è poca né assai.
Che sta quaggiú, né se ne parte mai.

Il senno è una specie d’etere, chiuso in ampolle. Astolfo trova il suo proprio senno e lo riprende:

     Astolfo tolse il suo, ché gliel concesse
Lo scrittor dell’oscura Apocalisse.

Presa la grossa ampolla del senno d’Orlando, prima di lasciar la Luna vanno a veder la fabbrica delle vite umane. Segue la riproduzione della favola delle Parche. Fin qui non v’è comico, ma il fondamento del comico. Un vecchio, il Tempo, porta via que’ velli. Astolfo ne vede uno tutt’oro. San Giovanni gli dice che quella vita avrebbe principio vent’anni prima che si noti con l’M e col D l’anno corrente. Chi era questo grand’uomo? II più gran minchione del tempo: Ippolito d’Este. Astolfo comincia a cantarne le lodi. Come scherza con sua invenzione, come deride sotto i baffi il cardinale! Ariosto suppone d’avere un’innamorata, e le parla così: — Orlando ha perduto il senno; anch’io l’ho perduto; chi andrà a prenderlo in cielo per me! — e dice che non crede che sia nella luna:

     Chi salirá per me, Madonna, in cielo
A riportarne il mio perduto ingegno...?

Tempo curioso in cui potevano concepirsi e gustarsi tali cose: la libertà era perduta e di recente; lo straniero era in Napoli; e si rifuggiva dalla realtà in questi sogni fanciulleschi!