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v. l’«orlando furioso» i55

Medoro è un giovane ingenuo ed entusiasta; propone la spedizione a Cloridano, che, essendo uomo di maggiore esperienza, risponde: — È una stravaganza!— . Questo diverso carattere lo vedete anche nella persona:

     Cloridan, cacciator tutta sua vita,
Di robusta persona era ed isnella.
Medoro sembra una giovanetta.

Chi più interessa è Cloridano, l’uomo che sembra prosaico, e che non disprezza i nobili sentimenti, li rispetta, ma non è disposto a parteciparli. Non si beffa di Medoro:

     Stupisce Cloridan che tanto core,
Tanto amor, tanta fede abbia un fanciullo...
Rimane stupefatto, e cerca di fargliene capire la stravaganza. Ma, ostinandosi Medoro, gli dice: e verrò anch’io:
Anch’io vo’ pormi a si lodevol pruove
Anch’io famosa morte amo e disio.
Qual cosa sará mai che piú mi giove,
S’io resto senza te, Medoro mio?
Morir teco con l’arme è meglio molto,
Che poi di duol, s’avvien che mi sii tolto— .

Questi pochi versi bastano a riconciliarci seco. Quell’«e», con cui comincia, ci fa vedere un’intera lotta nel suo pensiero.

Non va per seppellire il re, ma teme di esser tenuto a vile da Medoro. Quanto è tenero quel: «Medoro mio»!

Questa è l’introduzione del racconto. Ma siamo giunti ad un momento di tenerezza, e l’Ariosto tempera la vostra emozione presentandovi un macello. Questa strage è rappresentata comicamente: i due giuocatori, felici se fossero stati viziosi fino alla fine:

Poi se ne vien dove col capo giace
Appoggiato al barile il miser Grillo: