Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
i62 | la poesia cavalleresca |
La morte di Zerbino è espressa in poche ottave. Un poeta volgare presenterebbe subito Zerbino come morente. La collera non fa avvertire il dolore. Zerbino non sente il dolore delle ferite, incollerito contro Mandricardo e contro sé stesso. Non pensa: — Sono un uomo morto — :
Il lasciar Durindana si gran fallo Gli par, che piú d’ogni altro mal gl’incresce, Quantunque appena star possa a cavallo. Pel molto sangue che gli è uscito ed esce. |
Potrei citarvi una situazione simile del Tasso. Clorinda e Tancredi sembrano non aver più forze, e pur continuano per ira a battersi:
Oh che sanguigna e spaziosa porta Fa l’una e l’altra spada, ovunque giugna, Nell’arme e nelle carni! e se la vita Non esce, sdegno tienla al petto unita. |
Nel Tasso non solo una forma patetica (esclamativa), ma il concetto della forza morale che rimpiazza la fisica; ché Ariosto afferrava immediatamente la natura in ciò che ha di reale, senza aver bisogno di riflettere. Il Tasso ha riflettuto sulla situazione.
Ma, passata la collera, comincia ad avvertire il dolore:
Ma, poiché dopo non troppo intervallo Cessa con l’ira il caldo, il dolor cresce. |
Che naturalezza! Il dolore non cresce; ma è avvertito. Né solo sente cresciuto il dolore, ma presente la morte:
Cresce il dolor si impetuosamente, Che mancarsi la vita se ne sente. |
Cade di cavallo vicino una fontana:
Per debolezza piú non potea gire. |