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NINO BIXIO


E anche io voglio pensare di te. Nino Bixio, e ricordarti alla mia mente. Sono memorie che fanno bene, e ci svelgono alle nostre piccolezze e alle nostre miserie.

Era un ignoto a una gran parte degl’italiani. Brillò improvviso come una stella accanto a Garibaldi. Nessuno gli domandò: chi sei? onde vieni? Cominciava la vita nuova e la vita pigliava data da quel tempo. Dopo Garibaldi, colui che pigliava posto nella immaginazione popolare, era Bixio. Appartenevano a quella tempra di uomini straordinaria e veramente epica, che suscita il maraviglioso e crea la leggenda.

Garibaldi era la calma nella forza, la buona fede nelle idee, una sublime semplicitá di spirito, che non gli lasciava vedere tutto ciò che di basso o di piccolo poteva essere attorno a lui. Dominava colla dolcezza dello sguardo, con la sicurezza della voce. Aveva tutte le qualitá, che in altro tempo creavano i semidei e i santi. La sua rettitudine, la sua serenitá, il suo amore dell’umanitá, la sua semplicitá e mansuetudine ricordavano alle genti l’immagine del Cristo.

La sua grandezza doveva oscurare tutto intorno a sé. Pure non si può nominare Garibaldi, che non si ricordi Bixio. Era, sotto certi rispetti, un’antitesi.

Bixio era la forza nervosa, sdegnosa, impaziente d’indugi e di resistenze. Non sapeva concepire il pensiero o il volere in astratto. Volere era per lui fare, e ci andava diritto e rapido, e guai a chi si trovava tra via. Non girava le difficoltá, le troncava; non ammetteva esitazioni e non osservazioni; non voleva