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Pagina:De Sanctis, Francesco – La poesia cavalleresca e scritti vari, 1954 – BEIC 1801106.djvu/321

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Ed ecco ora il nostro professore alemanno ricantarci le stesse lodi, e parlarci della rinascenza, e dire i vanti de’ nostri maggiori. Mai l’idioma tedesco non m’è giunto cosí dolce all’orecchio e cosí fluido come ora, pronunziato da lui. La sua alta intelligenza avvezza a’ più difficili problemi della filologia, ha cavato da lui cosí, allo improvviso, una lezione sulla nostra storia, che ha istruito e dilettato tutto l’uditorio; ed io posso dire di lui col poeta, che

     .... Di sua bocca uscieno
Piú che mel dolci d’eloquenza i fiumi! (applausi).

Pure io dirò con quale sentimento noi popolo nuovo accogliamo queste lodi. C’era una volta un popolo italiano, che, accoccolato nel suo dolce far niente, andava in sollucchero quando i forestieri venivano qui a cantargli le lodi degli avi, e lo vantavano il popolo della rinascenza, il gran popolo, che ha ritrovato quello che i Greci avevano creato; ed è stato maestro dell’Europa, ed ha esercitato un’egemonia intellettuale, come ricordava ora il mio vicino, il mio egregio professore Benfey. Ma queste lodi oggi non ci bastano piú; direi anzi che ci fanno male. Noi oggi ci sentiamo un popolo vivo e vogliamo vivere d’una vita nostra, e vogliamo divenire un popolo moderno, e ci sentiamo uno con voi e vogliamo vivere della vostra vita (grandi applausi). Voi ve ne accorgete perché vedete con quanta simpatia noi vi abbiamo accolto e come ci sentiamo tutti amici: c’è un legame, che ci stringe ormai, c’è tra noi parentela intellettuale (fragorosi applausi). Dunque, o signori, voi venivate un giorno a visitare non noi, ma i nostri musei, le tracce de’ nostri antenati (applausi); ed ora noi speriamo mostrarvi che non vogliamo piú ricordare la storia del nostro passato; ma la storia vogliamo farla noi (acclamazioni)!