Pagina:De Sanctis, Francesco – La poesia cavalleresca e scritti vari, 1954 – BEIC 1801106.djvu/45

Da Wikisource.
40 la poesia cavalleresca
Per confidarsi alle incerate penne;
E con fatica alla sella s’attenne.
     Rinaldo arebbe voluto in quel salto
Poter del sole aggiugnere alla chioma;
Ma non potea, ché si trova più alto,
Perché quel già sotto l’acqua giù toma.
Baiardo, quando e’ cascò in sullo smalto,
Anche non parve la sua forza doma,
E poco cura il salto ch’egli ha fatto,
E cadde in terra lieve come un gatto.
     Diceva Ricciardetto a Farfarello,
Com’e’ giunse alla riva: — Io ti confesso.
Che questa volta io non son buon uccello.
Però che il sol non mi parea più desso,
Quand’io mi vidi volar sopra quello;
Credo ch’io ero al Zodiaco appresso:
Troppo gran salto a questa volta fue:
Io non mi vanterei di farne piue — .
     Il caval si senti di Ricciardetto
In un modo anitrir che par che rida.
Perché quel diavol ne prese diletto
Delle parole che colui si fida;
E poi diceva: — Non aver sospetto,
O Ricciardetto: tu hai buona guida — .
Dicea Rinaldo: — Facciam questo patto,
Che in Roncisvalle si salti in un tratto — .
Rispose Ricciardetto: — Adagio un poco!
     Volgi pur largo. Farfarello, a’ canti;
Tu non ti curi come vada il giuoco,
O drento o fuor, poi te ne ridi e vanti.
Io sono ancor per la paura fioco,
E sento i sensi tremar tutti quanti,
E parmi i panni in capo aver rovesci,
E cader giri nell’acqua in bocca a’ pesci — .


Quest’ultima ottava è una delle pochissime del Pulci che sia perfetta; vi è ricchezza. Né solo vi sono de’ personaggi vivi ed operanti; ma vi è una creazione di maggior momento; quella de’ due diavoli concepiti diversissimamente da’ diavoli ante-