Pagina:De Sanctis, Francesco – Lezioni sulla Divina Commedia, 1955 – BEIC 1801853.djvu/17

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la forma della divina commedia ii


Ogni rinnovamento intellettuale o sociale è preceduto da un movimento negativo o dissolvente: il primo effetto della nuova critica fu la negazione delle regole, un dispregio assoluto di esse, e quindi la scorrezione e la licenza. Cosi la critica moderna cominciò anch’essa dall’essere sistematica, parziale, esclusiva, tirannica; il tempo dell’esagerazione è finito. Ed oggi, alzatasi ad una unitá superiore, da una parte, in luogo del rispetto tradizionale e passivo per gli antichi, ella ha in noi destata una conscia ammirazione verso di quelli ed ha restituita l’autoritá delle regole, riavvicinandole a’ loro principii generatori e vivificando cosí la lettera morta; e dall’altra parte ha saputo mantenere all’arte tutta la veritá e la freschezza della vita moderna. Ma le regole formali o le leggi del bello, ch’ella non solo non disconosce, anzi pone su fondamenti piú alti e piú saldi, non vogliono essere applicate nella loro generalitá, come faceva la critica antica e come si fa anche oggi nelle nostre scuole. Le regole generali sull’invenzione, sull’ordine, sugli affetti, sul decoro, sulle figure ecc., sono mere astrazioni, quando voi me le segregate dalla materia, in cui solo hanno la loro veritá. La forma vive nel seno stesso della materia; ciascun argomento ha in sé la sua poetica, cioè le sue leggi organiche, le sue condizioni vitali, in cui è posta la sua personalitá, quello per il quale esso è sé e non altro: e quel lavoro è perfetto che è come un individuo compiuto, proprio ed incomunicabile.

Ogni subbietto ha in sé la sua bontá, la sua veritá, la sua bellezza; ed il vero poeta è quello che, rapito in amore, sa coglierlo nella sua personalitá, abbandonandovisi ingenuamente; siccome il vero critico è quello che, stimolato dall’ammirazione, si affisa nel suo argomento e ne fa emergere non leggi pure ed astratte, ma bellezze condizionate ed individue.

Il cattivo poeta, al contrario, si accosta al suo subbietto con questa o quella preoccupazione, vi fa su un lavoro analitico ed astratto, squallido, senza colore, senza fisonomia, senza corpo, come avviene a tutti gl’imitatori, che nel loro esemplare non sanno discernere altro che il comune né possono cogliere quello che ivi è di concreto, di personale, e perciò d’incomunicabile.