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Lezione III

METODO DELLA CRITICA ANTICA E SUO DIFETTO


Dalla situazione su esposta germoglia una poesia nuova affatto, di cui non ci ha esempio presso antichi né moderni, e per la sua spiccata individualitá non imitabile e non imitata mai. Il dramma di questa vita rappresentato nell’altro mondo, senza scapitare di realtá e guadagnando di altezza, è tanto singolare concezione che, non potuta intendere dalla piú parte degl’interpreti, è stata chiamata una mescolanza, e qualificata di strana e di barbara; né si è saputo altrimenti difendere l’unitá della poesia che facendo dell’un mondo il principale, ed accessorio dell’altro. Cosi Schlegel, ponendo a fondamento l’altra vita, s’indegna del ghibellinismo del poeta, ed Edgardo Quinet rimane choqué, vedendo che le passioni terrene del cantore si serbano vive fino in paradiso. Altri, per contrario, stimano la visione dantesca un mezzo, un’occasione e quasi un’arma, di cui siesi valuto il poeta per conculcare i suoi avversarii, rinchiudendo cosí l’immensitá ed il poetico dell’ardita concezione nell’angustia e nella prosa di uno scopo politico. Se i primi biasimano quello che nella Commedia essi chiamano mescolamento di sacro e di profano, agli altri è grave impaccio la serietá con cui il poeta rappresenta l’altro mondo, e ad ogni pie’ sospinto li vedi intrigarsi in sempre nuovi dubbii e difficoltá, e contraddirsi e guerreggiarsi l’un l’altro. Cosi le due scuole non sanno in altro modo intendere l’unitá della poesia dantesca che sacrificando l’un mondo in servigio dell’altro.