Pagina:De Sanctis, Francesco – Lezioni sulla Divina Commedia, 1955 – BEIC 1801853.djvu/23

Da Wikisource.

critica antica e suo difetto i7


A primo sguardo la poesia dantesca potrebbe definirsi un mondo fantastico, nel quale due mondi distinti, anzi opposti, quanto opposto è il finito all’infinito e il temporaneo all’eterno, si uniscano nello spirito dell’uomo, che contempla l’uno, piena la fantasia ed il cuore dell’altro. Simile a quel viaggiatore che osserva remote contrade con la memoria ancor fresca della sua patria, sicché tutto in che si abbatte di peregrino vede a traverso del suo paese, come nel Viaggio di Anacarsi, in cui i personaggi non sono né greci né francesi, ma un cotal misto di entrambi, di due popoli e di due tempi. Il medesimo accade in certe moderne imitazioni di tragedie antiche, dove i costumi di un’etá sono accompagnati coi pensieri di un’altra, e mostrano che l’erudito poeta appartiene a due tempi, vive nell’uno e studia nell’altro. Il quale anacronismo dell’arte è tollerabile, quando il poeta sa dal passato e dal presente, insieme contemperati, cavare una concezione armonica, la quale, poniamo che contraddica alla storia, è certamente poesia; ed è assolutamente degno di biasimo, quando i diversi elementi posti crudamente insieme ripugnino e menino all’assurdo; nel qual caso non si fallisce solo alla storia, ma anche alla poesia, massime se la ripugnanza cada meno negli accessorii che nell’intimo stesso del concetto. Ma nella Divina Commedia il terreno non vi è introdotto e mescolato col divino per questa tendenza subbiettiva: il terreno è parte integrale del concetto, e però l’unitá vi è più profonda. Dante non è un viaggiatore che vaghi oziosamente per l’altro mondo e lo mescoli di sé e dei suoi tempi, ma è attore. Visita i mondi del soprannaturale, uomo terreno, ma per purificarsi della terra. Egli è cosí la sintesi vivente de’ due mondi, che hanno in lui la loro riflessione ed unitá; perocché da una parte egli ha ancora in sé del vecchio Adamo, dall’altra egli dee spogliarselo a poco a poco nel regno della Ragione e della Grazia, di Virgilio e di Beatrice. La sua successiva purificazione risulta dallo stesso spettacolo che ha innanzi. Traviato da immagini false di bene, vede nell’inferno il male, spoglio delle mendaci apparenze terrene, nella sua nuditá; passando nel regno del pentimento, purga anch’egli nel fuoco i suoi falli, e, pentito e confesso, sale di grado in grado a perfetta redenzione.

     2 —
De Sanctis, Dante.