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36 primo corso tenuto a torino: lez. v


che giudica la terra. Cosi i due mondi sono in una opposizione che è sciolta nel tempo stesso che è posta, non potendo il passato o il terreno comparire dinanzi all’eterno presente senza dileguarsi a un tempo come cosa vana; e tutto l’universo dantesco non è nel fondo che questa fatale opposizione posta e sciolta, la vittoria progressiva dello spirito sul senso, di Dio sopra Satana. Non vogliate dunque, o comentatori, chiamarmi questo poema o religioso, o didascalico, o politico, o morale; non vogliate ridurmelo a querele di cattolici e protestanti, a dispute di guelfi e ghibellini; non vogliate neppure rinchiudermelo in uno scopo unicamente italiano, grande ch’ei fosse: il concetto dantesco è ben piú alto, bene al disopra di queste differenze che contiene tutte in sé. In luogo di guardarmelo dalla cima del monte, voi me lo contemplate nella pianura, e prendete per il tutto quello che voi incontrate nella diritta linea del vostro cammino senza degnarvi di guardare a destra e a manca. Ché se volete dargli un nome, chiamatemelo il poema dell’universo, l’eterna geometria e l’eterna logica della creazione incarnate nei tre mondi cristiani, la cittá di Dio, entro di cui si riflette la cittá dell’uomo in tutta la sua realtá del tal luogo e del tal tempo, l’una tipo ed esemplare e giudice dell’altra.