Pagina:De Sanctis, Francesco – Lezioni sulla Divina Commedia, 1955 – BEIC 1801853.djvu/427

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Quando Francesco De Sanctis, dopo trentatré mesi di carcere sostenuti nel Castel dell’Ovo di Napoli per un’insussistente accusa di congiura contro Ferdinando II, giunse sul principio dell’ottobre del i853 a Torino, rifiutò il sussidio di 60 lire mensili, che il governo concedeva agli esuli (perché, come scrisse piú tardi, «il modo come un esule può onorare la patria è mantenersi onesto, domandare i mezzi della esistenza al lavoro, illustrare il suo paese con gli scritti»), e si diede a cercare lavoro. Per consiglio degli amici decise di aprire un corso di lingua e letteratura italiana a pagamento — una specie di scuola di perfezionamento per i giovani che giá avessero compiuto gli studi di lingua e di retorica — , in cui alle lezioni teoriche sulla letteratura italiana in generale, e sulla Divina Commedia in particolare, si accompagnassero esercitazioni pratiche, consistenti nell’esame critico di componimenti per mezzo di discussioni, nella lettura ed esame dei classici e in traduzioni dal latino. Ma, sebbene il Cibrario, ministro della istruzione, gli concedesse senza indugio la licenza di aprire il corso e ne approvasse il programma, il De Sanctis non potè attuare subito il proposito, quale che ne fosse la ragione. Dovè perciò in quei primi mesi di dura povertá, poiché la gelosa difesa della sua dignitá e la fierezza dell’animo non gli consentivano di accettare soccorsi nemmeno dagli amici piú intimi, adattarsi ad insegnare nell’istituto femminile della signora Elliot, con un magro stipendio, e affaticarsi a impartire lezioni private ad altre giovinette, come la gentile Virginia Basco, con la quale poi conservò affettuosa amicizia e corrispondenza epistolare per tutta la vita1, e la vivace Teresa De Amicis, che gl’ispirò una calda



  1. F. de Sanctis, Lettere a Virginia edite da B. Croce, Bari, Laterza, i9i7.