Pagina:De Sanctis, Francesco – Lezioni sulla Divina Commedia, 1955 – BEIC 1801853.djvu/439

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nota 433


non avesse raggiunto la poesia, perché il contenuto rimaneva scientifico, non essendo messo in atto. Nell’Esposizione, invece, e nel cap. della Storia della letteratura sulla Divina Commedia li dichiara con felice analisi vera poesia. Poiché siamo, come è evidente, di fronte a uno svolgimento e approfondimento della meditazione e del gusto del grande critico, l’Esposizione dev’essere necessariamente posteriore alle lezioni di Zurigo. Ed invero parecchi passi di essa sono piú vicini a queste ultime e alla Storia della letteratura che alle lezioni di Torino. Giova inoltre considerare che, mentre il cap. sul Subbietto della Divina Commedia e quello sull’Inferno sono scheletrici e superficiali, quelli sul Purgatorio e sul Paradiso sono più nutriti, piú ricchi di analisi, piú felici. Ciò fa pensare che il De Sanctis, scrivendo i primi due dopo gli ampi corsi torinesi, ripetuti e riassunti ancora a Zurigo, non si sentisse piú investito dal calore della ricerca e dell’entusiasmo, mentre nello scrivere i capitoli sul Purgatorio e sul Paradiso, dopo le lezioni di Zurigo, era ancora posseduto dal fervore e dall’appassionamento per la scoperta della natura della poesia nelle due ultime cantiche.

Infine dalla seguente dichiarazione che si legge nel capitolo sul Purgatorio:

La natura di questo lavoro non mi consente che io entri in altri particolari, e giá ho detto anche troppo1;

si desume che egli dovè stendere l’Esposizione non per il bisogno di dare una sistemazione critica al suo pensiero, rinchiudendolo in una sintesi organica, ma per fornire a una poco esperta scolaresca un chiaro ed efficace sommario.

Al mio avviso circa il tempo della composizione di questa operetta si oppone, è vero, la dichiarazione del Laurini, che egli avrebbe dovuto ripulirla delle molte locuzioni arcaiche, le quali, rilevando un influsso ancor vivo del pensiero del Puoti, indurrebbero a riportarla ai primi mesi della dimora del De Sanctis a Torino; ma, nella impossibilitá di poter accertare la natura e il numero delle locuzioni arcaiche per la mancanza del manoscritto, non so quanto peso si possa dare all’affermazione del curatore,



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De Sanctis, Dante.

  1. Appendice, p. 377