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un fatto reale, che, quasi focile, cava dalla sua anima vive scintille; un fatto di per sé insignificante e comune, ma di potentissimo effetto sul cuore degli amanti. Una parola, un saluto, uno sguardo basta a destare in lui ineffabili moti, estasi, visioni, rapimenti, delirii. Né è maraviglia, perché l’amore è infinito ed indivisibile; perché l’amante effettua nell’amato tutto se stesso, tutto il suo universo, ed un minimo nulla, un fiore, un guanto, un sorriso, un impercettibile moto fa risonare tutta la musica interiore, commove l’anima in tutta la sua infinitá.

Beatrice mori, e, dopo di averla rimpianta e cantata alcun tempo, la vita di Dante prese un indirizzo pratico e politico. A’ tranquilli studi, al fervente amore sottentrarono le domestiche cure e le torbide passioni della pubblica vita. A Dante artista succede Dante cittadino. E qui l’uomo suole rivelarsi a se stesso come carattere: egli acquista coscienza della sua personalitá e sforzasi d’imporla altrui. La personalitá talora s’infrange contro gli ostacoli, talora si serba invitta: nel che è posto quel che dicesi comunemente un gran carattere. Ma anche qui è a fare qualche differenza. Vi sono uomini di azione, nati per dominare, che sanno piegarsi per premere, servire per comandare, adulare, corteggiare, compiacere per essere adulati, corteggiati, compiaciuti alla loro volta, e che, guardando inflessibili ad uno scopo, sanno per via prendere mille ingannevoli aspetti: ora volpi, ora leoni; ora magnanimi, ora vili; ora clementi, ora crudeli; ora buoni, ora cattivi; incompresi dal volgo che li chiama mutabili, apostati, rinnegati, e consapevoli essi soli di esser sempre rimasti se stessi. Dante non avea questo carattere: egli non era nato per essere un capo-parte, e tenea piú del Catone che del Cesare: gli uomini di questa tempera nascono sventurati, ammirati sempre, ascoltati mai.

                                    Giusti son due, ma non vi sono intesi!                

Inflessibile e severo, fu Dante uomo di passione e di convinzione, o, se vi piace meglio, di passionata fede, e non seppe comprendere né perdonare né tollerare i vizi e gli errori de’ suoi