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la depravazione dell'anima 89


stato dell’anima del colpevole che si sente misera senza fine e varietá, sempre la stessa: ed al di fuori esce in atti impazienti, in contorcimenti, in bestemmie.

                                         Bestemmiavano Iddio e i lor parenti,
L’umana spezie e il luogo e il tempo e il seme
Di lor semenza e di lor nascimenti.
               

La giustizia di Dio, l’eternitá, la disperazione sono tre fonti del sublime che lo innalzano quando si congiunge a queste idee. Vedetelo nei nove versi che compongono la sublime iscrizione che Dante pose sulla porta dell’inferno. Ivi è rappresentato l’inferno come inferno, il quale è sublime perché infinito. Ne’ tre primi versi vi si ripete la stessa idea, come presente immobile, eterno, ripetizione di se stesso: dolore e sempre dolore, quel luogo e sempre quel luogo. Ne’ versi seguenti l’immagine si ingrandisce, la cittá dolente diviene la cittá di Dio: la giustizia va al sublime quando fa balenare la luce, l’orrore nella coscienza del condannato: «Lasciate ogni speranza o voi ch’entrate», dove si vede congiunta l’eternitá colla disperazione. Ma l’unitá dell’inferno non è semplice: essa è un’unitá che va esplicandosi, che procede da un estremo ad un altro.

Oggi vi ho dimostrato nell’inferno la depravazione dell’anima umana, un’altra volta vi mostrerò l’unitá piena di contenuto capace di progresso, la depravazione progressiva dell’anima.