Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggi critici, Vol. I, 1952 – BEIC 1803461.djvu/117

Da Wikisource.

pier delle vigne iii

suicidio è il suicida colto nel punto ch’egli inferocisce in sé, che separa violentemente quello che la natura ha congiunto. Questa separazione contro natura, che in vita è opera di un solo istante di cieca passione. Dante te la rende eterna; questa ferita che il suicida si fa, Dante te la rende eterna. L’anima separatasi violentemente dal corpo non lo riavrá piú mai:

Ché non è giusto aver ciò ch’uom non toglie,
e riman chiusa in corpo estraneo di natura inferiore, in una pianta, e la pianta sentirá ad ogni ora la trafittura che il suicida si fece in vita:
Le Arpie, pascendo poi delle sue foglie,
Fanno dolore, e al dolor finestra.

La separazione è eterna, la ferita è eterna; l’inferno de’ suicidi è il suicidio ripetuto eternamente in ogni istante.

Questo è non il concetto, ma la concezione, il concetto corporale visibile ed accessibile a’ sensi, proprio della poesia e proprio di Dante. Ora, prima di concepire voi siete libero; ma quando una concezione qualsiasi vi fluttua dinanzi, voi non potete dalla concezione di un uomo cavarmi un animale, salvo che mi facciate un aborto per manco di calore e di forza. Se avete ingegno, se vi sentite uomo da fecondarla e portarla ad una vita perfetta, voi dovete accettare la situazione in che ella vi mette e la rappresentazione ch’ella vi impone.

E qual è la situazione in che ella vi mette? cioè a dire quali sono le leggi estetiche, le condizioni secondo le quali ella si dee disnodare, e procedere ad una vita ulteriore? Vi è innanzi una pianta che, avendo in sé incarcerata un’anima d’uomo, geme e sanguina e parla: or tutto ciò che si allontana dalle forme naturali è detto in estetica un fantastico, come un cavallo alato, un centauro, una pianta che parla: il fantastico è dunque la prima legge estetica di questa concezione. E qual è il sentimento che ne rampolla? Il suicida non è un eroe secondo