Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggi critici, Vol. I, 1952 – BEIC 1803461.djvu/153

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janin e alfieri i47

Né le conoscenze né le bellezze della natura e dell’arte valevano a fermarlo. Solitario e taciturno non istrinse mai altri legami che di amicizia; e furono saldissimi: conoscenti dispregiò, o non ebbe. La natura lasciava in lui fuggevoli impressioni: era un libro chiuso ch’egli non intese mai. Leggete la sua vita. Ha viaggiato tutta l’Europa, e non c’è una sola descrizione di luogo o di costumi. Parigi, Londra, Pietroburgo, Napoli, Roma, sono puri nomi, uno spazio ideale e fluttuante, in mezzo a cui un solo attore attrae la nostra attenzione, Alfieri, che riempie di sé tutto. Muti luogo a sua posta: troverá dovunque sé stesso, il suo vero nemico, che lo persegue sempre, che noi lascia mai posare. Che è dunque quel qualcosa, che vuol essere soddisfatto, e senza di cui si sente incompiuto? Vediamo un po’. Legge Plutarco, e le vite di Timoleone, Cesare, Bruto, Pelopida, Catone ed altre ei rilegge sino a quattro o cinque volte «con un tale trasporto di grida e di pianti e di furori pur anche, che chi fosse stato a sentirlo nella camera vicina, lo avrebbe preso per impazzato. All’udire certi gran tratti di quei sommi uomini, egli soggiunge, spesso io balzava in piedi agitatissimo, e fuori di me, e lagrime di dolore e di rabbia mi scaturivano nel vedermi nato in Piemonte, ed in tempi e governi, ove niun’alta cosa non si poteva né fare né dire, ed inutilmente appena si poteva ella forse sentire e pensare». La musica faceva in lui profondissima impressione, lasciandogli per cosí dire un solco d’armonia negli orecchi e nell’immaginativa ed agitandogli ogni piú interna fibra: dalla quale gli ridondava «un singolarissimo bollore d’idee fantastiche, dietro le quali avrebbe potuto far de’ versi ed esprimere de’ vivissimi affetti, se non fosse stato ignoto a stesso ed a chi diceva di educarlo». Dopo tanti viaggi, non sazio ancora, move per la Spagna: «l’andare era per lui il massimo dei piaceri, e lo stare il massimo degli sforzi, cosí volendo la sua irrequieta indole». Quasi tutta la strada la fa a piedi, e in quelle solitudini e moto continuato «infinite erano, egli dice, le riflessioni malinconiche e morali, come anche le immagini e terribili e liete e meste e pazze che mi si andavano affacciando alla mente. Ma non possedendo io allora nessuna lingua... mi