Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
206 | saggi critici |
Ed un calmo voler regge e governa | ||
La mutabile scena. | ||
Or come avvien che ognor si rinnovella | ||
La fluttuante imagine, | ||
E sulle forme mobili | ||
Una calma serena ognor permane? | ||
Di’: — Come avvien, che ognun di sé signore | ||
Va, secondo il suo cor, liberamente, | ||
E nella rapid’onda | ||
Di tanti passi il suo loco ritrova? — | ||
Io tel dirò. — Divinitá possente, | ||
Tempra Armonia della festosa danza | ||
Il corso impetuoso; | ||
Ed a Nemesi pari, ella raffrena | ||
Co’ dolcissimi accordi | ||
L’indocile piacer; lo educa e vince. | ||
Or dimmi: e indarno è il suono, | ||
Che spande l’armonia per l’universo? | ||
Non ti rapisce il cor l’alto suo canto? | ||
Non il temprato fremere | ||
Che da tutto il creato in te risuona? | ||
Dimmi: e la danza non t’ispira quando | ||
Ne’ vorticosí giri erger ti senti | ||
In fra spazi infiniti | ||
E fra soli infiniti? O la misura | ||
Danzando ammiri ed operando sprezzi? — |
È una poesia di Schiller, molto ammirata. Questo poeta era, ad un tempo, un gran critico. Scontento di sé, tentando sempre nuovi generi e nuove vie, tutto dietro senza posa ad un ideale, che non gli si appressava, se non per fuggirsene e lasciarlo piú desolato, fu udito, un giorno, dolorosamente esclamare: — Io non sono nato poeta! — Da questa poesia, dunque, non si può niente inferire intorno alla natura della lirica di Schiller.
A’ primi versi vi accorgete giá che questo è lavoro moderno. Il poeta, in luogo di obbliarsi nello spettacolo ed immedesimarvi si, com’è nelle poesie schiette e spontanee, se ne stacca, pone