Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggi critici, Vol. I, 1952 – BEIC 1803461.djvu/219

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versioni e comenti di liriche tedesche 2i3


Questa poesia è un semplice motivo musicale. L’amante è nello stato di rêve: penetrato di una malinconica tristezza, sta raccolto in sé, abbandonato all’onda de’ suoi sentimenti. Pure, il poeta non coglie che l’apparenza di questa vita interiore.

Deve esprimere il dolore dell’ultimo addio? Ti presenta l’attitudine dell’amante:

                               Ahi! la mia bocca è muta, e gli occhi soli                          
                          A te dicono addio.                          

È una immagine, che ti fa intrawedere tutti gli strazi dell’anima; è un suono malinconico, che suscita nel cuore moti ineffabili. Il poeta si contenta di dire

                          Quanto, ahi quanto mi è duro il sostenerlo!                          

Avete una impressione, che, legata a quella immagine di tanta veritá e rimasa indefinita, parla piú vivamente all’immaginazione. L’amante raccoglie tutti i godimenti, tutte le dolcezze della sua vita passata, l’amore e quel bacio e quella stretta di mano, li raccoglie per soffiarvi sopra il gelo del presente. Si ripresentano le stesse cose con diversa impressione: quell’amore è tristo, e quel bacio è freddo, e stanca la mano che stringe la mano. Questo paragone istantaneo costituisce il nodo della situazione, il dolore dell’abbandono. L’amante, dopo di avere con tristo piacere vagheggiato due o tre immagini di un passato, che gli si dilegua dinanzi, cade nell’indefinito abbracciando e gustando tutti i suoi diletti, in un tempo.

                          Una volta, quand’io ti stava accanto                          
                          Qual dolcezza sentía!                          

«Una volta!» questo avverbio collocato e preparato sí bene fa qui ancora piú effetto, perché esso contiene in sé, implicitamente, quel successivo «mai piú», che si presenta, contemporaneamente, innanzi alla fantasia del lettore.