Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggi critici, Vol. I, 1952 – BEIC 1803461.djvu/238

Da Wikisource.
232 saggi critici

Cosa notabile; spesso i poeti moderni non parlano della poesia che con malinconico desiderio, rammentando sospirosi gli andati tempi delle illusioni e delle fantasie nel mondo e nella loro vita. In questa stessa poesia esclama Schiller:

                                    Di eternitá sul mare
Si affrettan giá le tue onde spietate,
Tempo dorato di mia scorsa etate!
                              

È noto che questo sentimento è l’anima della poesia leopardiana. Al grande Italiano non resta della poesia, che solo la «rimembranza acerba» e la piange morta nella sua vita, morta nel mondo. Tutto ciò che fa palpitare il cuore umano è per lui illusione, inganno «aperto e noto», menzogna della natura; e nondimeno egli corre appresso a quest’inganni e li cerca e se ne consola: la poesia morta nella sua mente vive ancora nel suo cuore: diresti che la sua anima sia partita in due, scissione profonda la cui espressione è il dolore. L’ideale brilla innanzi alla sua fantasia e commove il suo cuore; ma non si tosto vi si abbandona e vi si oblia, che la voce della ragione o del vero lo trae dalla sua estasi e gli risponde: — Quello che vagheggia la tua fantasia è una larva; quello che commove il tuo cuore è una illusione. — Nondimeno il Leopardi rimane sempre poeta; il credente in lui vince lo scettico; la poesia, scacciata dalla scienza, trova un asilo nel suo cuore. Né mai l’immagine muore: si dilegua innanzi al vero e risorge piú bella di sotto alla morte, risorge per morire un’altra volta, vicenda perpetua di creazione e distruzione; il mistero della poesia leopardiana è il mistero della natura:

                                    Che per uccider partorisce e nutre.                               
Il che è un’ironia che non ha niente di beffardo o di satanico, un’ironia dolorosa, accompagnata nel poeta col sentimento della propria infelicitá e della infelicitá del genere umano.

L’immagine ed il pensiero, elementi di ogni poesia, sono qui dunque scissi, distruggentisi a vicenda, in contraddizione,