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«clelia o la plutomania» di gattinelli 3i9


Il Gattinelli s’è rivolto a’ nostri sensi. — Dilettiamo gli occhi, egli ha detto, disponiamo in modo le cose che vi sieno de’ quadri, dei contrasti simmetrici, delle illusioni ottiche. E poi moltiplichiamo personaggi ed accidenti; serriamo il dialogo; sopprimiamo gradazioni e mezze tinte; facciamo una commedia a vapore, sf che lo spettatore passi di cosa in cosa, allettato sempre da novitá, da varietá. — Che n’è nato? Non ci è una sola azione sviluppata, un solo carattere disegnato; è un correre e correre, un succedersi rapido di fatti, come di cittá in un panorama. L’occhio è cosí esercitato, che non dá un istante di vita all’anima, non ci dá tempo di pensare, di fantasticare, di operare noi a nostra volta sullo spettacolo, di appropriarcelo e compierlo con la nostra immaginazione: rimaniamo storditi, passivi, con gli occhi aperti, con l’anima vuota. È la poesia nello stato d’infanzia o di decadenza, o quando siamo ancora tutto sensi, o quando, esausti e decrepiti, non ci rimane altro che il senso.

Ma io sono troppo severo col Gattínelli. Non ho potuto smettere l’abito di guardare anche nei lavori infimi alla perfezione. Nella presente mediocritá è pure non piccola lode fare una commedia che non ti annoia, che ti fa ridere, che ti tiene allegro, che attira, se non altro, la vista. Il Gattínelli ha una lunga esperienza del teatro, ed ha scelto i mezzi ch’egli sapeva piú acconci a fare effetto. Per esempio, non ha posto alcuna cura nello stile; la sua lingua è una specie di lingua franca, un italiano corrotto, come si parla a Torino o a Napoli. E che perciò? Chi vuoi che ponga mente allo stile o alla lingua? Non siamo ai tempi che un ateniese torceva il muso ad una frase o ad una parola men che elegante.

Ben so che cosa il Gattínelli potrebbe rispondere. — Voi siete un utopista, voi, con le vostre critiche! Perfezione, ideale, concezione, situazione! Le sono novelle. Io conosco il teatro e il mio pubblico, e mi governo coi tempi. Che mi contate voi d’impressione estetica e non estetica, di convenzionale e di personale? Sapeva ben io quel che mi faceva. —

Non ne dubito; non solo egli sapeva quel che si faceva, ma l’ha fatto benissimo. Dialogo rapido, quadri ben concertati.