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«l’ebreo di verona» del padre bresciani | 53 |
nelle melensaggini delle gazzette, nelle plebee facezie di Ferdinando col Comandante di Gaeta, nelle passeggiate di Alisa e Luisella, in tutt’i nullissimi particolari onde infiorate il vostro racconto, che sono stati, solo perché sono stati? Vi sono popoli e partiti che, come avviene degli individui, vivono senza lasciare alcun vestigio di sé sulla terra.
Nos numerus sumus, et fruges consumere nati1. |
Ma allegramente, padre Bresciani; avete la vostra riscossa; ora tocca a noi. Rappresentateci la rivoluzione. Voi potete ora rimandarci le nostre beffe e rispondere ghigno per ghigno all’insolente contraffattore dei vostri quadri. — Quelle orecchie d’asino che voi volete appiccare a’ miei, sono le vostre orecchie: quella testa di zucca è la vostra testa. Avete riso; ora io riderò di voi. — È giusto. A ciascuno la sua volta.
Cominciate, com’è vostro uso, dallo spogliare la rivoluzione di tutto ciò ch’è stato in lei nobile e serio: è un lavoro purgativo, necessario per tutt’i vostri quadri. Questa cosa passare in silenzio, toccar di sbieco quest’altra, confessare quell’altra, ma con un «se», con un «ma», con un «quantunque»; voi siete maestro in questa difficile arte dej. simulare e del dissimulare; ve ne ho giá fatto i miei rallegramenti. Si tratta del moto eroico di Milano? Corriamovi sopra. La difesa di Venezia? Tocca e passa. L’assalto di Vicenza? I Romani, è vero; ma gli Svizzeri; oh, gli Svizzeri poi! E la battaglia di Santa Lucia? e Curtatone? e i Piemontesi? Carlo Alberto? Si; ma si sentivano la messa; ma erano tanto divoti! Non si può meglio.
Via, osate, padre Bresciani, di dire la veritá nuda e cruda: nella rivoluzione tutto dee essere diabolico, tutto opera del dia-
- ↑ Orazio, Epist., I, 2, 27.