Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggi critici, Vol. I, 1952 – BEIC 1803461.djvu/86

Da Wikisource.
80 saggi critici

E non vede il poeta ch’egli è appunto questo «tristo sogno» che bisognava rappresentare? che qui gli si porgevano in folla gradazioni di sentimenti delicatissime e novissime, per poco ch’egli avesse sentito scaldarsi la fantasia? Sogno, amore terrestre, e piangere e gemere e tradire non sono poesia, massime quando si ha innanzi un sentimento misto di divino e di umano, da cui poteano sfolgorare bellezze uniche al mondo. Il poeta non ha avuto quella paziente serietá, quella profonda ispirazione, che viene agl’ingegni privilegiati dall’amore alle loro concezioni. E parimente le dive Grazie infemminiscono, perché son vane; e, ad ogni nuovo passo nel male, quando la loro natura divina vi si ribella, è la vanitá che le sospinge innanzi. Sicché il poeta ha piú volte l’occasione di rappresentarci questo sentimento, che è qui la sostanza e la vita segreta di tutto quello che apparisce di fuori. Una volta dice: «la vanarella Eufrosine». Un’altra volta: «vinte dalla lusinga de’ vicini imperi». E ancora:

La crudel Vanitá, che il Paradiso
Tolse alla prima Venere celeste,
Le avea domate al re della Menzogna;
Ed anco impresse di divin sigillo,
Bisognava obbedirgli, onde vendetta
Trar de’ regni caduti, e conquistarsi
La gentil signoria dell’Universo.

Or questo è uno spiegare, non un rappresentare: la forma può essere piú o meno poetica: il fondo rimane prosaico. Il poeta fa loro comparir Venere in sogno. Bene immaginato; né vi è lettore, che qui non dica: — Finalmente! ecco la dea della bellezza, che fará brillar loro dinanzi quel seducente avvenire, quel sogno dorato che mena le fanciulle a perdizione, ornato dei piú vaghi colori. — E noi ci aspettiamo un’affascinatrice descrizione delle glorie e le pompe e le adorazioni, e di tutte le larve e le immagini onde la vanitá pasce la fantasia delle Grazie, si potentemente che le trae ad abdicare alla loro natura. Cosi la vanitá non è un epiteto, né un essere allegorico, «la crudel