Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggi critici, Vol. II, 1952 – BEIC 1804122.djvu/106

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quando ci vogliono rappresentare la bellezza e la forza in terra, tôrre ad imprestito colori dalle cose celesti, dove pongono la sede di ogni ideale: qui la metafora è realta, la figura è lettera; l’un mondo è il paragone, l’immagine, il lume dell’altro.

Se questo argomento non rimane nella sua generalitá dottrinale, nel suo spiritualismo astratto, gli è perché il veggente è Dante. Gli altri, che ci hanno lasciate visioni, o le hanno raccontate omericamente tenendosi fuori di esse, o vi sono intervenuti per intrometterci delle considerazioni morali, come fa il Passavanti, sono per lo piú chierici, uomini ascetici, separati dal mondo, inesperti della vita, stranieri alle passioni e agli interessi mondani. Dante vi ha gittato dentro sé stesso; e Dante significa tutta l’esistenza di quel tempo nelle sue varie forme compendiata in un’anima poetica. Diventando un elemento essenziale dell’argomento, lo ha modificato profondamente con vantaggio della poesia.

Per compiere l’esame dell’argomento, dobbiamo dunque studiare Dante, parte inseparabile di quello; Dante non solo come l’Omero, ma come l’Achille del suo mondo, non solo come poeta, ma come uomo.

[Nella «Rivista contemporanea», a. V, i857, vol. XI, pp. 3i9-29.]