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«lucrezia» di ponsard i63

un essere superiore; lo senti nella coscienza de’ personaggi, nel misterioso degli avvenimenti, nella lugubre solennitá della forma. La rovina d’un eroe o di una famiglia, a cui prende parte il cielo e la natura, ti si affaccia con sí vaste proporzioni che ti par si tragga appresso la rovina dell’universo. Che cosa hanno a fare con questo la Sibilla cumana, l’oracolo e gli augurii, e i sogni, pure accessorii, che compariscono ciascuno in questa o quella scena, ti salutano e vanno via, senza legame col tutto, vuoti ed oziosi, estranei alle azioni, a’ caratteri, a’ sentimenti? Sono reminiscenze classiche che ti lasciano freddo e incredulo, materia greggia presa tal quale come si presenta all’erudito, e che se pure sta li per qualche cosa, è per farti conoscere le costumanze e le credenze di quei tempi, a quel modo che certi romanzieri non possono presentarti un guerriero senza trarsi appresso tutta l’armeria del Medio evo.

Il fatale di quest’azione è non nell’ infortunio di Lucrezia, ma nella caduta della monarchia e negli alti destini di Roma. Questo ingrandisce le proporzioni di quel fatto, memorabile non tanto per sé, quanto per gli effetti che ne uscirono. Lucrezia è un’occasione; il principale interesse è nella maestá e grandezza di questo avvenimento, a cui non sarebbe stato indegno che avessero cooperato cielo e terra ed il Fato in persona. Ma poiché questo povero Fato è ridotto in quei termini che sapete, lasciamolo tranquillo, e consideriamo i fatti umanamente.

Il fremito del patriziato, l’oppressione della tirannide, l’indolenza del popolo e de’ soldati non senza un sinistro mormorio, qualche cosa di oscuro nella coscienza, che tutti sentono e nessuno confessa, e che annunzia lo scoppio come di una forza troppo compressa e 1’ imminenza di una catastrofe, questo dovrebbe essere l’anima interiore della tragedia. Ma come si fa? In questo caso bisognava mandare in malora la semplicitá dell’azione e le care unitá. Ed il problema non era sciolto. Ponsard si è tirato d’ impaccio, introducendo una lunghissima conversazione tra due vecchi cospiratori, Valerio e Bruto, i quali, come se fosse la prima volta che si vedessero o si parlassero, e come se non ci fosse di meglio a fare, discorrono a