Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggi critici, Vol. II, 1952 – BEIC 1804122.djvu/179

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una «storia della letteratura» di cesare cantú i73

aspettar da lui veramente qualche cosa di grosso. E ti senti confermar nella speranza, quando, gittata nel fango la critica italiana d’oggigiorno, che spesso secondo lui s’ impiccolisce «nelle proporzioni del libello o della lezione», ti dá un magnifico concetto del suo ideale critico. La critica, egli dice, « acquista dignitá e grandezza, allor quando venga a mano d’uomini che fanno scomparire la differenza fra l’arte del giudicare e il talento del comporre, portando una specie di creazione nell’esame del bello, un genio istintivamente inventivo, anche quando non fan che osservare; sicché possono esclamare : — Son pittore anch’ io — ». E seguita, descrivendo le diffícili qualitá di mente e di cuore che dee avere un critico, il quale voglia fare la storia della patria letteratura.

Ma tu avresti torto a pigliare il Cantú in parola e ad esaminare il suo lavoro secondo gli stessi suoi criteri; perché l’autore ti potrebbe rispondere : — Bada che, esponendo come dovrebbe farsi questo lavoro, non ti ho mica detto che volevo farlo io o che l’ho fatto io; il mio fine è piú modesto. Non ho voluto fare un lavoro nuovo e originale, ma una compilazione; lascio a piú forti di me piú grandi cose; io ho voluto fare un libro utile, massime a’ giovani, ho voluto diffondere e volgarizzare la scienza; e tu non hai il diritto di biasimarmi di non aver fatto quello che non volevo fare — .

Perciò questo libro non riempie la lacuna lamentata dallo stesso autore, e nessuno può dire : — Abbiamo finalmente una storia della letteratura italiana — . Il libro è una mera compilazione, buona a diffondere fra noi le notizie della nostra letteratura, e a darci in un volume quanto di meglio pensarono e scrissero su questo argomento i critici stranieri e nostrani.

Né dobbiamo maravigliare che in Italia non si facciano oramai piú che mere compilazioni; perché son tali le condizioni del mercato librario e i bisogni del pubblico, che un libro serio è poco letto, e di rado ti rifá della spesa, dove simili compilazioni ti danno fatica poca e guadagni molti.

Noi dunque non saremo ingiusti con Cesare Cantú, e non gli domanderemo piú di quello che ha voluto darci; ma, restrin-