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razione di esuli che cercavano una patria, si senti soddisfatta, anzi oltrepassata nelle sue speranze.

Nuove condizioni, nuove passioni, nuovi sentimenti, e, per dirla con Prati, «novo calle».

Ne’ piú tristi giorni dell’esilio m’ incontravo spesso con un compagno di sentimento e di sventura a parlar di Giacomo Leopardi. Era il nostro poeta di tutt’ i giorni, ed il mio amico me ne ragionava con un’ammirazione appassionata e melanconica.

Lo rividi alcuni anni fa. Quell’aria sentimentale era scomparsa dalla sua faccia rubiconda e animata. Gli andai incontro come d’amico lungamente atteso, e: — Leopardi! — gli dissi, come per trovare una parola che fosse il segno visibile della nostra antica e dolce comunanza. Mi fece un riso sardonico che mi spaventò: — Leopardi!, disse: con questa parola mi richiami tante illusioni di menti inferme; giacché, mio caro, a dirla qui fra di noi, tutti e due eravamo un po’ malati come il Leopardi. Ora io mi son fatto seguace della filosofia positiva, e gitto via l’ozioso fantasticare, e sento una grande compassione per quel cervello malato — .

— Ah! briccone!, gli diss’io; tu mi hai ucciso Leopardi! —

La prosa non ha che a gittare un po’ di soffio per spegnere ogni fiamma di poesia : essa non ha che a dirle : — Tu sei una malattia! — .

E quando un mondo poetico è sul finire, esso muore sotto la reazione del buon senso, muore trafitto da queste parole : — Addio, mondo fantastico, immaginario, chimerico, parto di cervelli oziosi e malati! — .

Quando i tempi nuovi compariscono in lontano orizzonte, la prima forma che li prenunzia è l’ironia. E che cosa è l’ironia? È il sentimento della realtá, del tempo nuovo, che si mette dirimpetto quel mondo giá tanto venerato, e ride. Quel riso significa : — Ciò che noi credevamo cosa seria era una malattia dello spirito — .

Orlando diviene don Chisciotte!

E quando don Chisciotte entra in iscena, tutto un mondo se ne va in frantumi.