Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggi critici, Vol. II, 1952 – BEIC 1804122.djvu/243

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l’ultimo de’ puristi 237

italiani meno per la lingua che per le cose, soprattutto per le investigazioni storiche. Vi si aggiunse lo studio delle letterature straniere, massime della tedesca e dell’ inglese, e salirono in favore Shakespeare, Goethe, Schiller, Victor Hugo. Lamennais, Thiers, Cousin, Villemain, Guizot, Giambattista Niccolini, Guerrazzi, Berchet, Giusti erano letti con l’aviditá e il sapore del frutto proibito. La lettura di Schlegel aveva mutati presso di noi radicalmente i criteri letterari : sorse una critica piú alta, si apersero nuovi orizzonti alla gioventú. Sopravvenne Cousin, e poi Hegel. Qual rivoluzione in pochi anni! Simbolo di essa fu Vico redivivo, interpretato pubblicamente dal professore Amante, letto, ammirato, citato dappertutto.

Qual parte ebbe in questo rinnovamento la mia scuola, non tocca a me il dirlo. Forse sará chi ne ricordi, come io (e ne sien rese grazie al Ranalli) ho fatto del Puoti.

Il quale, in tanto movimento d’idee, stava stizzoso e sfogava l’umore contro Cesare Malpica e parecchi altri, uomini senza studi e senza valore, che chiamavano lui un pedante e predicavano le regole « tarpar le ali all’ ingegno », riducendo ogni insegnamento a due parole: «genio» ed «estro». Bisognava sentirlo il marchese con que’ suoi frizzi un po’ grossolani contro la Scuola romantica cosí mal rappresentata. La sua vecchiezza venne afflitta da’ Rocco, dagli Anzelmi, da’ Malpica, da’ Valentini, che gli abbajavano intorno alle calcagna, con infinito suo fastidio.

Novatore in gioventú, il marchese era divenuto conservatore in vecchiezza; avrebbe voluto che il mondo si fosse fermato lá dov’egli era giunto, o che almeno nel suo cammino serbasse un po’ piú di regola e di logica. Quel progresso a modo di torrente gli garbava poco. Ma poiché era venuto a quel modo, né si poteva mandarlo via, vi si acconciava con un po’ di mala grazia. Accettava le nuove dottrine nella storia, nella filosofia e negli altri rami del sapere, ed aveva in molta venerazione Carlo Troya, Pasquale Galluppi, Nicolini e Roberto Savarese ed altri valenti scienziati, e giá chiaro in Italia e legato con gli uomini piú illustri, seguiva un po’ stizzoso, ma pur seguiva il