Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggi critici, Vol. II, 1952 – BEIC 1804122.djvu/307

Da Wikisource.

il farinata di dante 30i
questa poesia ha traversato i secoli con costante ammirazione; perché le idee personali sono qui i contorni e gli antecedenti del fatto poetico, occasione e ispirazione, ma non materia e sostanza di ima poesia che ha il suo valore e il suo interesse e le sue idee accessorie nella immortale e sempre giovine umana natura, e perciò conserva la sua freschezza, anche quando le impressioni e i fatti e i sentimenti che ispirarono il poeta sieno spenti. In effetti, l’interesse è qui posto ne’ vani affetti e sentimenti da cui è travagliata l’anima di un padre, sia Cavalcante, sia altri. Certo non è indifferente, che il padre sia Cavalcante, che il figlio sia Guido e che il poeta sia Dante, e neppure che guida di Dante sia Virgilio, da Guido avuto «a disdegno»: la realtá storica concorre all’effetto generale, ed è l’accidente, l’accessorio, l’accompagnamento obbligato che dá alla creazione artistica l’ultima finitezza, l’apparenza compiuta del vero: oltreché è qui causa occasionale e ispiratrice, che ha commosso il poeta e gli ha svegliato l’estro. Ma ciò che è uscito dalla fantasia, è una creazione indipendente da ogni idea personale e da ogni accessorio storico, radicata nel fondo vivace del cuore umano; perciò riman fresca e giovane, ancorché quelle idee e quegli accessorii sieno morti. Che è in effetti questa poesia? È una pagina del cuore umano nelle sue piú delicate gradazioni. E queste gradazioni sono espresse sensibilmente da tre movimenti istantanei e irriflessi che il poeta attribuisce a Cavalcante, al padre. Dapprima si leva inginocchione; poi si drizza in piè; da ultimo ricade supino; che risponde a tre stati del suo animo: un desiderio misto d’ incredulitá; poi una dolorosa ansietá; indi un dolore senza nome.

Dapprima si leva in ginocchione; il padre non crede quello che la ragione gli dice strano, eppur lo crede, perché il suo cuore lo desidera : il primo suo atto è un forse, un credere e discredere, è un «sospettare», un volger l’occhio intorno; e quando cerca e non trova Guido, il padre piange, visto cadere in terra tanta speranza. La situazione è fin qui tenera, ma tranquilla; una parola equivoca di Dante l’alza fino all’angoscia ed allo strazio. Gli equivoci sono facili a nascere, quando