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la prima canzone di g. leopardi 355

canto, ispirato da motiva umani di gloria e patriottismo. La tomba qui non è un’ara se non per cosí dire, e quasi per imitare il linguaggio religioso, a quel modo che chiamiamo figuratamente martiri quelli che muoiono per la patria, e apostoli quelli che propagano il vero.

Né solo qui i sentimenti sono cosí generalizzati, che scappano fuori del contenuto, e l’immaginazione non può chiuderli e immedesimarli con lo scuro Tartaro e l’onda morta, e le stelle che stridono nel mare spegnendosi, e simili altre particolaritá e reminiscenze del mondo greco, ma l’espressione manca di calma e di schiettezza, e di quella ingenuitá e direi quasi bonomia, che è propria di una fede immediata, non ancora assottigliata da un pensiero adulto. Per addurre un esempio, il poeta dice:

                               Nelle armi e ne’ perigli
Qual tanto amor le giovanette menti.
Qual nell’acerbo fato amor vi trasse?
                         

Questo è artificio rettorico. Perché il poeta sa benissimo quello che domanda ed ha giá detto che essi offrirono il petto alle nemiche lance per amor della patria. Queste forme di maraviglia artificiale sono aliene dalla naturalezza e semplicitá, e rivelano procedimenti ulteriori di un pensiero piú raffinato.

Questa disarmonia tra il contenuto e la forma, questo spirito adulto e moderno, che non consente a lasciarsi incarcerare in un materiale antico, e vi rimane al di sopra, è un difetto certamente, ma uno di quei difetti fortunati, simili a certe malattie, le quali prenunziano non la morte ma lo sviluppo del corpo. £ nova virtú, non piú semplicemente assimilativa, come nell’Inno a Nettuno o nella Torta o nella versione dell’Eneide, ma produttiva; non è piú un contenuto o un materiale antico, che l’erudito studia, esamina, critica e si appropria, ma è il poeta che entra in iscena, lo spirito libero e ancora inconsapevole della libertá, che sta tanto volentieri in quel contenuto, sua grata prigione, e per antica consuetudine