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36 saggi critici

stesso pensiero filosofico. Siamo in perfetta anarchia. Ciascuno si fabbrica un Dio ed un mondo a suo modo: testimonio a’ futuri de’ dubbii e delle angosce di questo tempo.

Poco importa l’esattezza e la veritá del contenuto, dico la veritá filosofica. La poesia è la ragione messa in musica. Abbiamo un cattivo libretto; ma la musica? Il poeta dee trarre le idee dalla loro astrazione e realizzarle, farle cosa viva. Il nostro poeta, confusa eco di tutto ciò che al presente si agita ne’ nostri petti, non le ha colte tutte, né bene; ma vivono elle almeno in forme imperiture? Rendono suoni armoniosi? Il suo mondo non è logico, ma vi spira per entro la vita, la giovinezza, l’amore, la primavera? Le sue idee sono inconsistenti; sia: ma scendono elle nel cuore? operano sulla fantasia? risuonano al di dentro di noi?

Volendo guardare al semplice contenuto, questo libro ha pure il suo valore. È la poesia che, in luogo di gittarsi perdutamente in grembo alla negazione, se la pone dirimpetto come sua nemica, e sforzasi di soverchiarla, non rifacendo unicamente il passato, come altri poeti, ma con oscuri presentimenti di un avvenire non definito, non definibile ancora. Ci si vede un bisogno di fede; un desiderio di affermare, se non fosse altro, fantasticando e sognando; un presente oscuro ancora, ma con un punto «vague et lointain qui luit». Il poeta vi concede il presente, ma si riserba l’avvenire.

Il concetto è intrinsecamente debole: Victor Hugo non ha né la sintesi possente di Dante, né la chiara intuizione del Leopardi: è ciò una imperfezione. Ma, lo ripeto, ha saputo egli ringiovanire il nostro mondo poetico, rimettervi nuovo sangue? In mezzo a tanto disfacimento e putridume di forme, ha potuto egli crearsi un mondo nuovo? Ha potuto egli dire: — Voi affermate morta la poesia: guardate, questa è poesia. — ?

Quando Victor Hugo incontra nel suo cammino le forme ordinarie della societá, le caccia via senza misericordia. Nessuno è tanto nemico del comune, del volgare, del consueto: ciò che è stato, egli lo condanna appunto perché è stato. Fin dalle prime sue orme nel mondo poetico, vedete in lui un istintivo