Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggi critici, Vol. II, 1952 – BEIC 1804122.djvu/97

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dell’argomento della «divina commedia» 9i

vanovano come etá di oppressione, di tenebre e di barbarie, e corsero diritto alla storia romana, come a loro propria storia.

I Reali di Francia, per esempio, letti e sparsi in Italia, non produssero alcuna letteratura. Noi ci svegliammo e ci trovammo ancora romani. Tanto intervallo di tempo, tanta gravita di avvenimenti non furono potenti a dividerci da quel passato, dal nostro passato. Eravamo trasformati e non ce ne accorgevamo. Ci credevamo sempre lo stesso popolo romano, signore del mondo. Con orgoglio romano continuammo a chiamar «barbari» gli stranieri. Non s’indirizza la parola all’imperadore che non gli si parli della grandezza e della gloria di Roma. Cola da Rienzo arringa come un tribuno antico. Lo storico non comincia il racconto senza indugiarsi un po’ su quei prischi tempi. Il fiorentino mena vanto della sua origine romana. E fino la vecchierella favoleggia, non di Carlomagno o di Arturo, ma

                              

De’ troiani e di Fiesole e di Roma.

                              

Queste tradizioni a’ tempi di Dante aveano una importanza politica. Il partito ghibellino era fondato su di esse, e Dante se ne vale nella Monarchia a sostegno del suo sistema. Voleva continuare la storia dell’aquila, suscitare e continuare il nostro passato.

II fondamento di queste tradizioni era l’Eneide di Virgilio, dove trovi ad un tempo le origini di Roma e la glorificazione dell’impero. Vi si aggiungeva la storia romana mescolata con gli errori, i costumi e le opinioni di quel tempo.

Ma se fu possibile ai poeti di altre nazioni formare de’ racconti epici sulle loro tradizioni, che non discordavano sostanzialmente da’ loro tempi, la differenza della religione e della vita moderna separava dalle nostre il poeta. Perché la tradizione non consiste nel puro fatto. La religione, i costumi, le istituzioni, le dottrine costituiscono la sua vita interiore. Ora, tutto questo era morto in gran parte, e nessun poeta potea risuscitarlo. Ond’è che queste tradizioni non poterono fondare niente di sostanziale nella letteratura: ben vi entrarono come accessorio, spesso in grottesco contrasto col presente.