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vi si accorda. Bisogna innamorarsene, vivere in lui, diventare lui; ed allora lo vedrete, quasi animato dal vostro sguardo, muoversi, spiegarsi a poco a poco secondo la sua natura e rivelare tutte le sue ricchezze.

Noi dunque vogliamo, con animo libero di ogni preoccupazione, contemplare il mondo dantesco, interrogarlo pazientemente, dargli, quanto è in noi, la seconda vita. Perché l’ufficio positivo del critico è di rifare quello che ha fatto il poeta, rifarlo a suo modo e con altri mezzi.

A quel tempo erano in voga, fuori d’Italia, racconti epici, raggruppantisi intorno ad alcuni personaggi tradizionali, un re, un eroe, de’ paladini. Gl’italiani non vi misero mano che piú tardi e per prendersene spasso, immortalandoli con una perfezione di forma, a cui non seppero aggiungere le altre nazioni.

Mancò all’Italia un Cid, un Arturo, un Carlomagno, le mancarono tradizioni cavalleresche e feudali. Di che alcuni, come il Wegele, si sono affrettati a conchiudere che le mancarono tradizioni nazionali. Dalle premesse alla conclusione ci è una bella differenza.

Le tradizioni cavalleresche si riferiscono all’antica storia di quelli, che gl’italiani allora chiamavano «barbari». La storia d’Italia, durante una parte del Medio evo, fu la storia di questi suoi conquistatori. Venne poi il tempo della libertá e della coltura. Si fe’ guerra ai castelli, le cittá si ordinarono a popolo, non si piegò il capo nemmeno all’imperatore. Or questa gente che si vendicava in libertá era, non il Goto, non il Saracino, non il Normanno e non il Longobardo, era la gente conquistata, il popolo italiano che avea serbata coscienza di sé attraverso a tante invasioni. Fatto notabile! I Galli diventarono Franchi; i Brettoni, Anglosassoni; gli Spagnuoli furono profondamente trasformati dagli Arabi; gl’italiani rimasero Italiani. E quando dopo lunga e silenziosa servitú acquistarono la signoria di sé stessi, quando, sparsasi una certa coltura nel paese, poterono dare una forma a’ loro sentimenti, non cercarono le loro tradizioni in tempi, ne’ quali trovavano le orme degli stranieri in casa loro, ma valicarono rapidamente l’etá di mezzo, che essi considera-