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giuseppe parini i29

e artificiale della sua poesia, un vecchio motivo in musica nuova. Medita, ed ha tante cose a dire, e cosí nuove, che la forma vien fuori concentrata e condensata, e molto dice e a sai piú fa intendere. Hai un contenuto pieno, nuovo, còlto nel momento della produzione con esso i sentimenti suoi, i quali, non sai come, vedi improntati nella sua faccia, spesso in un semplice epiteto, come «voci maschili», «chiusi talami», «dannosa copia». Il sentimento è inviluppato nell’immagine, il fondo traspare sulla superficie, non ci è che nudo e solo contenuto, ma vivo, mobile, spirituale, nell’energia della prima impressione. Il congegno semplice e concorde, come di una proposizione scientifica, il sentimento aggruppato nelle cose, il fondo involto nelle immagini, la precisione e la misura accompagnata con l’energia, la grazia e l’amabilitá congiunta con l’elevatezza e la puritá de’ sentimenti traducono nella composizione quell’armonia intellettuale e morale, che è nel tranquillo petto del poeta. Te ne viene una soddisfazione piú che estetica, quell’intero appagamento di tutte le tue facoltá che genera nell’animo la perfezione. La qual perfezione dell’uomo non è qui astratta e idillica, ma operativa e informativa, informa di sé l’artista, dá la sua faccia all’ispirazione. Parini la chiama non solo la sua virtú, ma il suo genio. Esaminiamo la sua Caduta. Il vecchio poeta casca nelle vie di Milano, un pietoso accorre, lo rialza, compatisce alla sua povertá, gli dá consigli che il caduto respinge sdegnosamente. Questo ricorda la Fortuna di Guidi. Anche colá Guidi resiste alle minacce e alle lusinghe della Fortuna. Ma li tu senti non so che tronfio e falso, dietro l’artista non ci è l’uomo. La grande preoccupazione di Guidi è di rappresentare in forma epica le vicissitudini della storia umana, e gonfia le gote e sbuffa per la fatica; cerca un eroico che non è nella sua anima, e trova il gigantesco e l’ampolloso, piú di frase che di concetto. Qui il fatto è ricondotto nelle proporzioni della vita piú ordinaria. Non ci è bisogno di macchina mitologica; l’interesse è tutto ne’ suoi motivi interni e naturali. Lo studio non è di alterare ed ingrandire le proporzioni per far colpo, cercando un vano simulacro di grandezza,
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De Sanctis, Saggi critici.-iii