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giuseppe parini i35


viene uniformitá, e ti prende la stanchezza. Invano il poeta lotta con tutte le sue forze contro la fatalitá dell’argomento. Invano drammatizza, crea episodii, foggia racconti. Non è possibile cozzare con la natura delle cose. E non è possibile cavare dal descrittivo i potenti effetti che sono proprii de’ poemi narrativi. La vita di un conte di Culagna, o cosa simile, sarebbe stata una concezione piú popolare e attraente, il vero poema della nuova letteratura. Tentò la prova nella Marfisa, e riuscí infelicissimo Carlo Gozzi. Ma è vano fantasticare sopra quello che un artista potea fare. Oltreché, di poemi narrativi l’Italia avea a dovizie. E il Giorno rimase unico.

L’ironia pariniana non è solo, come un fatto intellettuale, profonda, ma è anche sentimentale. E in questo è la sua originalitá. Negli scrittori italiani del Rinascimento l’ironia è un fatto puramente intellettuale. È lo spirito adulto che in nome dell’arte e della coltura si spassa a spese dell’ignoranza e della superstizione popolare. E il contrasto tra l’intelligenza svegliata delle classi colte e la credulitá delle classi ignoranti. È la coscienza delle forze naturali e umane in contrapposto col soprannaturale, il miracolo, la magia, il fantastico. Era un’ironia allegra e scettica, priva di carattere morale. L’intelligenza si sviluppava, e il carattere si abbassava. Dopo il Concilio di Trento l’ipocrisia divenne la fisonomia permanente della societá italiana. E ipocrisia vuol dire falsitá, altro credere, altro fare. Mancò l’energia interiore, la coscienza dell’umana dignitá, il senso morale. L’ironia pariniana è appunto il risveglio del senso morale. L’ironia dell’Ariosto è rivendicazione intellettuale. L’ironia pariniana è rivendicazione morale. Nell’uno l’arte e la cultura è il tutto: manca l’uomo. Nell’altra l’uomo è il fondamento. L’ironia dell’uno è superficiale e allegra, perché scettica. L’ironia dell’altro è profonda e trista, perché credente. In quello senti rinascere l’intelligenza, in questo senti rinascere la coscienza. Il ridicolo e il grottesco non fa ridere Parini: lo attrista, perché ci vede sotto la bassezza de’ caratteri, la falsitá, il pervertimento morale. Sente in sé offeso l’uomo, e l’uomo dá la sua fisonomia all’artista. Le declamazioni del filosofo carni-