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giuseppe parini i39


il cancro che rode la razza latina nel pieno fiore della coltura. La forza è mezzo e non fine, e quando l’anima è vuota, quando ivi non è nulla di nobile da realizzare, quella forza priva di contenuto si corrompe e si fiacca, e a lungo andare rovina con l’uomo anche l’arte e la scienza. Con questa idolatria è chiaro che mal si può comprendere la grandezza di Giuseppe Parini, e che a molti debba parere il mio elogio quasi un’ironia. Pure chi pensi che restaurare nella coscienza italiana il mondo interiore, patria, libertá, umanitá, tutto quel mondo morale che sogliamo personificare in Dio, era ed è ancora la base della nostra rigenerazione, comprenderá Giuseppe Parini. E vedrá in lui rinascere l’uomo accanto all’artista e l’uomo piú perfetto ancora che non è l’artista, e sentirá sotto all’ironia dell’artista la solitudine e la malinconia dell’uomo. Piú io lo guardo, e piú mi par bella quest’armonica immagine d’uomo cosí semplice e sincera nella sua grandezza morale, e m’inchino riverente innanzi a questo primo uomo della nuova Italia tanto vantata e appena ancora abbozzata.

[Nella «Nuova Antologia», ottobre i87i.]