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intimo e molto brav’omo, che gli voleva un gran bene, e stimava assai il suo ingegno e il suo carattere. Giacomo meritava amici cosí fatti, perché pochi hanno avuto cosí vivo e schietto il sentimento dell’amicizia. Giordani, Niebuhr, Bunsen, Brighenti, Tommasini, Pepoli, Capponi, Colletta, furono amici, di cui ciascuno si può gloriare. Aveva allora venticinque anni, era stato solo a Roma, e per pochi mesi, non aveva visto del mondo altro che Recanati, gli pesava la sua solitudine e la sua oscuritá. Stendere il suo nome, vedersi stampato, non era poi un desiderio strano in un uomo che aveva tanta coscienza di sé, vivente in ispirito tra vasti orizzonti, e dannato dalla sorte in cosí piccolo spazio. Se ne aperse col suo Brighenti, che gli trovò subito un editore. Cominciò la quistione solita de’ quattrini, e il buon Brighenti aggiustò tutto per quaranta scudi, secondo il desiderio dell’Autore. Quaranta scudi ben inteso per la spesa della stampa e non per il guadagno dello scrittore, ché anche oggi un guadagno dalla stampa è o nullo o assai magro. Il 5 dicembre Leopardi scrive al Brighenti minute istruzioni per l’esatta correzione del testo. Il 5 marzo dell’anno appresso il manoscritto era giá nelle mani del Brighenti, pregato di non mostrarlo a nessuno. Sembrava tutto fatto, ma ecco nuovi indugi. Leopardi voleva lui vedere i fogli per la correzione, e ci stava molto, perché era minuto sino nei piú piccoli particolari della composizione e di difficile contentatura. Nello stesso giorno che scrive di questo al Brighenti, scriveva cosí al cugino Melchiorri, un dilettante di versi e che chiedeva versi a lui:

Nello scrivere non ho mai seguito altro che una ispirazione o una frenesia;..... e se l’ispirazione non mi nasce da sé, piú facilmente uscirebbe acqua da un tronco, che un solo verso dal mio cervello.

E non gli basta la prima ispirazione, ma formato subito «il disegno e la distribuzione», attende «un altro momento» di vena per la composizione, «ordinariamente... di lá a qualche mese». Un uomo cosí minuto e coscienzioso non poteva lasciare la correzione de’ suoi scritti a discrezione altrui, massime in