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studio sopra emilio zola 237

II

La corruzione sociale.


Un giorno la letteratura prendeva di mira i nobili, e li assaliva con l’ironia, col sarcasmo, col ridicolo; poi toccò a’ borghesi, personificati ne’ banchieri, affaristi, borsisti e simili; oggi viene la volta della bassa borghesia e degli operai, i preconizzati eredi del Terzo stato, decorati col nome di popolo, vocabolo che dal suo significato generico fu tirato a designare propriamente queste ultime classi.

Sotto nome di socialismo fu inaugurata la lotta di questo popolo contro le classi superiori. A poco a poco, secondo che la lotta prendeva carattere piú sociale che politico, il popolo si trasformò negli operai, la parte prominente e chiassosa ne’ grandi centri, i soldati di tutte le rivoluzioni, i combattenti delle barricate.

La letteratura prese un carattere sociale, e rappresentò la miseria e la bravura degli operai e del popolo, e fece valere il suo patriottismo e i suoi diritti. S’invocò l’ingerenza dello Stato contro la libera concorrenza, e la missione dello Stato fu posta nell’assicurare «le droit au travail». La prima Repubblica si trovò innanzi questo formidabile problema, e non potè scioglierlo che a colpi di fucile. Il secondo Impero, portato su dalle classi operaie, fece meglio: lo sciolse con la corruzione.

Corrompendo le classi superiori, i gruppi propriamente politici, con l’affarismo, i piaceri, gli onori, i guadagni illeciti, non fece che sviluppare su piú larga scala il sistema Guizot. Corrompendo le «masse», la «vile multitude», segui le tradizioni del romano impero, anch’esso democratico, volte le spalle alle classi superiori.

A quelli storici che vantano Cesare, primo corruttore della democrazia romana, potrei domandare quale fu la storia di