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Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggi critici, Vol. III, 1974 – BEIC 1804859.djvu/290

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284 saggi critici


C’è la semplicitá, quando la cosa vi si presenta non scrutata ancora da un cervello adulto, ma nella sua prima e verginale apparenza; e quando l’artista è anche lui semplice come la cosa, e la vede nella prima guardatura, e la sente nella prima impressione, (bene)

Questo è nei popoli primitivi, nell’alba della vita; è una semplicitá che ha compagne l’ingenuitá e la grazia, tutte le qualitá amabili che sogliamo ammirare in una Margherita, in una giovinetta che allora sboccia come la rosa.

Poi avete l’eleganza, quando l’arte rappresenta caste privilegiate, gli dei, gli eroi, i grandi popoli, i grandi fatti, quando tutto il resto dell’umanitá è straniero o schiavo. Avete allora quella forma nobile, solenne, che è nella cosa e si trasfonde nell’opera di arte.

Ma quando l’artista, in ciò che si presenta, trova un che di contrario a quest’ideale delle forme, quando invece della semplicitá trova il cinismo, quando invece dell’eleganza trova il plebeo, la contraddizione tra quello che trova e quello che sente produce quel fenomeno irresistibile che è il riso; non il riso sciocco che vede contraddizione dove non è, ma il riso dello spirito che la sente e la gitta fuori in un motto, in un frizzo, che comunica il riso. Questa è la fonte dello spirito, caricatura, ironia, sarcasmo, umorismo.

Ora nel racconto dello Zola non solo non ci sono queste tre forme, ma ci è il contrario, quasi egli faccia a dispetto. La eleganza diviene volgaritá, la semplicitá cinismo, lo spirito goffaggine. Non è che in questo mondo non ci sia materia di spirito, non ci sia allegrezza. Vedete i due banchetti, voi non ridete mai. Quella gente è goffa, non è spiritosa; è un’allegria plebea e vinosa.

Voi mi ripetete: — Dunque, questo è arte? che arte è questa? E se arte non è, colpa è di Zola, o è del suo argomento? — .

Lasciamo stare le impressioni contemporanee. L’Assommoir ha provocato sdegni, resistenze, ma ancora piú applausi. E cosa fa questo? Chi piú applaudito di Pietro Aretino e di Giambattista Marini? Pure era la decadenza, e la decadenza non era