Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggi critici, Vol. III, 1974 – BEIC 1804859.djvu/341

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nota 335


ivi: «e ci è ancora altra materia di dolore», Ms: «Altra materia di dolore è ancora in queste lettere»; ivi: «il bisogno», Ms: «il bisogno e la fame»; ivi: «a’ suoi... confessa», Ms: «ai suoi... mostra». P. 5: «chinarsi mai per», Ms: «Chinarsi per»; ivi: «esempio la», Ms: «esempio ammirabile la»; ivi: «la sua serenitá», Ms: «la serenitá del suo cuore»; ivi: «e le ingiurie e le malizie e le insidie, e tutto che», Ms: «e le ingiurie e le arti e le insidie e l’ipocrisia e l’impudenza e tutto che»; ivi: «non basta a vincere», Ms: «non bastano a vincere»; ivi: «de’ suoi nemici», Ms: «de’ malvagi uomini»; ivi: «possibili di giungere», Ms: «possibile di giugnere»; ivi: «io sto qui, egli segue,», Ms: «io sto qui, egli dice,». P. 6: «E in veritá si può dire che il dolore e l’amore sieno la doppia poesia di queste lettere.», Ms: «E qui involontariamente mi ricorre all’anima quella soavissima sua poesia: Amore e Morte, e parmi veramente che il dolore e l’amore, sieno la doppia poesia di queste lettere.»; ivi: «è si alto, che», Ms: «è cosí alto e tanto perfetto, che»; ivi: «dalla scuola purista», Ms: «da quella scuola italiana moderna» (il Cortese nella nota a p. 326 della sua edizione salta l’aggettivo «italiana»). P. 7: «inchinò talora l’animo austero», Ms: «talora inchinò l’animo nobilissimo»; ivi: «Pierfrancesco, tutto vano», Ms: «Pierfrancesco tutto lieto»; ivi: «Alcuni schivi», Ms: «Molti schifiltosi». Infine il Ms termina con questo brano, che invece manca nella redazione definitiva:

Tale si manifesta Leopardi in questo libro, anima facile, soave, candida, nata all’amore, vivuta nel dolore, sempre grande: natura d’uomo eloquente. E però parmi di potere con un nome solo [solo manca nel Cortese] qualificar queste lettere, chiamandole eloquenti.

Le lettere di cui la materia è umile e comune, sono da lui scritte con superba negligenza: diresti eh ei sdegna [che isdegna] d’indorare il fango, ubbidiente all’usanza per quella stessa necessitá per la quale l’uomo assennato siegue le mode, che in suo cuore reputa stolte e ridicole. Ond’è che tutte quelle frivolezze amabili intorno a cui i cinquecentisti spendono tante eleganze, ei le gitta come le [gli] vengon giú dalla penna spesso con modi e vocaboli vivi nell’uso del conversare odierno. Nel che ei cede non che ad altri, a molti eleganti di oggi che conducono a si alto grado di raffinatezza la scienza dei saluti e degli inchini simili per avventura a quelli egregi uomini di cui al volgo piacciono i libri e annoia la presenza, tanto in queste dotte moine e smanie dell’uso comune disgraziati e disacconci.

Ma quando ei ritrae se stesso, la parola s’innalza all’altezza di lui, e prende la faccia e il colore e le attitudini e quasi il piú intrinseco e se-