Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggi critici, Vol. III, 1974 – BEIC 1804859.djvu/377

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nota 37i


ganismo sociale, ogni v;ita pubblica, fiaccati i caratteri, prostrate tutte le forze morali. Nello stesso scienziato italiano la vita era molto al di sotto del pensiero, spesso violenti e radicali i concetti, ipocrito il liguaggio e servili le gare. La scienza rimase sola forza viva in materia esausta e guasta, e potè aiutare alla sua dissoluzione, non spirarvi entro un nuovo organismo. Fu un sole che irradiava senza aver forza di formarsi attorno il suo sistema, e andò in cieli piú lontani, cercando materia piú giovane e piú feconda. Essa fu tra noi piú radicale ne’ suoi concepimenti e piú sterile ne’ suoi atti. Molti oggi ancora se ne gloriano, e vantano la luciditá dell’ intelletto italiano, quando altrove si disputava ancora di teologia. E non veggono che l’intelletto italiano vedeva meglio, perché il suo cuore sentiva peggio, mancati i sentimenti, le passioni, le illusioni, che trattengono nel suo volo l’intelletto, lo tirano nella loro orbita, come un faro benefico, e impediscono che ne scappi fuori, libero nella sua corsa, ma solitario e infecondo, fuori di ogni sistema e di ogni organismo. La scienza, dopo vani sforzi, rimase in Italia un lusso, cosí come l’arte, pagata dai ricchi a decoro de’ loro pranzi e de’ loro corteggi e senza alcuna influenza sulla vita pubblica. I grandi intelletti si ritirarono nella solitudine del loro pensiero, e rinunziando a qualsiasi azione sopra una materia poco acconcia, lavoravano per l’umanitá, fruttificavano in altre terre. La scienza fu un lusso; altro fu il pensare, e altro il fare. E un lusso fu pure nelle altre parti del mondo latino, ma per opposte cagioni. Ivi la vita che si spegneva in Italia, era nel suo pieno fiore, e il sentimento del limite vi si manteneva gagliardo. Nella Spagna la religione era stata potente istrumento d’ indipendenza e unitá nazionale nella lotta contro i Mori; la Monarchia portava nelle piú lontane terre la bandiera spagnuola; la nobiltá era orgogliosa de’ servizi prestati alla patria; e l’oro d’America rendeva facile la vita, nutriva il dolce far niente. In tanto rigoglio ed espansione di vdta letterati e scienziati vi avevano piccolo posto, intenti piú a celebrare le glorie patrie che a correggere e rinnovare. Arte e scienza era un pomposo specchio, nel quale la vita si rifletteva e si ammirava. In Francia le forze popolari erano impetuose, espansive, immaginose ed ambiziose: ciò che è ancora oggi gran parte del genio nazionale. Il limite vi si manteneva ancora con molto prestigio. La Monarchia vi era istrumento di conquista, di gloria: abbondavano i Casati illustri, che rappresentavano tutte le glorie del passato; la religione ricordava le piú nobili tradizioni nazionali, Carlo Magno, Goffredo, San Luigi, Giovanna d’Arco. Contro a questa vota splendida ed esteriore venne a rompere l’ironia di Rabelais, il buon senso di Montaigne, lo spirito severo e prosaico degli Ugonotti, la riflessione malinconica di Pascal e le sottigliezze estatiche de’ giansenisti. Uno spirito nuovo vi fu importato, e potè appena scalfire la superficie di una vita piú romorosa che seria, nella quale invano cercavi il raccoglimento, la riflessione, la calma e l’equilibrio interiore. Lotte vi furono violente, romorose, ardenti, esagerate ne’ fini e ne’ mezzi, come portava il