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o come una filosofia ufficiale. Su quest’accordo della scienza e della vita avviene sempre che la scienza dá il motto, un motto giusto e ragionevole, ne’ debiti limiti, com’è il motto di Epicuro, e la vita trascende i limiti, straripa e giunge ne’ suoi eccessi cosí oltre, che fa raccapricciare il maestro. La scienza si chiama Epicuro, e la vita si chiama Nerone.

Vediamo ora l’azione della scienza nel mondo moderno. Il limite aveva straripato, era divenuto oppressione. L’ individuo era vittima di tutti gli esseri collettivi, della famiglia, della Chiesa, della Classe, dello Stato. Il motto della scienza fu Libertá, emancipazione, rivendicazione de’ dritti individuali. La scienza antica operava sopra un mondo giá corrotto, dove la libertá divenuta licenza avea prodotto il dispotismo, e dove le varie stirpi erano unificate dalla conquista, venute meno le differenze e le energie locali. La scienza fu buona a sistemare e organare quel vasto insieme, e a introdurvi ordini e leggi stabili, che sono anche oggi documento dell’antica sapienza. Ma in quel sapiente meccanismo non potè spirare uno spirito nuovo di libertá e di virtú, non ristaurare le forze morali e organiche; lavorava nelle alte cime giá logore e guaste, e trascurava la base, quegl’infimi strati sociali, dove le forze morali erano ancora latenti e integre, e dove operavano con piú efficacia i seguaci di Cristo. Al contrario la scienza moderna stendeva la sua azione sopra stirpi e popoli diversi, di genio, di storia, di costumi e di tradizioni. E però, se la scienza antica riuscí dappertutto agli stessi effetti, perché trovò dappertutto la stessa materia, non poteva essere cosí della scienza moderna. Sarebbe interessante determinare, in quale misura e con quali effetti fu la sua azione ne’ diversi popoli, quali resistenze vi trovò, quali simpatie. E l’investigazione menerebbe a questo risultato, che dove le forze morali erano ancora sane e vigorose, come fu nel mondo germanico, la sua azione fu lenta, ma sicura e stabile, non distruggendo se non organizzando; e dove le forze morali erano guaste e indisciplinate, la sua azione fu rapida, violenta, dissolvente, tra reazioni e rivoluzioni, come fu nel mondo latino, senza possibilitá di fermarsi in un organismo solido e stabile. Il motto della scienza era libertá, e il problema a risolvere era di fondare la libertá senza distruggere il limite, o per dirlo in altro modo il problema era di ristaurare il limite ne’ suoi termini naturali, sf che fosse stimolo e non ostacolo, non oppressione. La missione della scienza era ristaurare, non dissolvere. Ma la scienza non è un ente che viva da sé nelle regioni dell’assoluto; la scienza è formata dagli uomini, le cui opinioni sono determinate dall’ambiente in cui vivono. E perciò è la vita che condiziona la scienza e determina la sua azione. Apparve prima in Italia, come ultimo raggio d’una vita gloriosa, che rifletteva sé stessa nell’arte e nella scienza. E fu una forma limpida e bella, segnata qua e lá di tristezza e d’ironia, come sentisse di essere non altro che forma, vuota di ogni contenuto e di ogni organismo. Perché il contenuto è appunto quel limite, giá caduto sotto l’alta ironia dell’intelletto italiano, la Chiesa, la famiglia, la patria, la classe, ogni or-