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374 saggi critici


di contro ad essi, come nemico, per disfarli, ma penetrò ivi dentro con moto lento, ma continuo, e con poca resistenza; perché gli organismi viventi, nel rigoglio del loro sviluppo e della loro forza, non temono la scienza, anzi se ne valgono ad allargarsi e consolidarsi, purgandosi e riformandosi, cioè a dire cacciando da sé le parti morte o stantie, e rinnovando la materia; dove gli organismi vecchi e aridi stanno chiusi in sé, ed odiano istintivamente l’aria e la luce, come cadaveri, che al contatto dell’aria si dissolvono. Ivi la scienza operava non fuori del limite, e contro il limite, ma entro di quello, e illuminava dall’alto la vita senza mescolarvisi, senza dirigerla o sforzarla, contenta alla sua parte modesta. Cosi ci vive e ci vivrá lungo tempo la chiesa, il comune, la classe, la famiglia, lo stato e la legge, limiti rispettati, la cui voce è ancora potente nel cuore degli uomini, e vi stimola e vi sviluppa le forze produttive. E ci vive insieme la scienza e la libertá, la piú ampia libertá di coscienza, di discussione e dí associazione, che pur non è un pericolo, e fortifica e non corrompe, perché il volo dell’ intelletto ha ivi il suo limite nelle forze sociali ancora integre, il sentimento religioso, la disciplina, la tenacitá, il coraggio morale, il sentimento del dovere e del sacrificio, il culto della natura e della famiglia, il rispetto dell’autoritá, l’osservanza della legge, tutte quelle forze che nel loro insieme noi chiamiamo l’uomo. Sento dire che la scienza ha fatto grande la Germania. Ah! Signori, sono queste qualitá che fanno grandi i popoli, e la scienza non le crea, ve le trova. Ben può ella analizzarle, cercarne l’origine, seguirne la formazione, determinarne gli effetti, far di quelle la storia e la critica; ben può anche moderarle, correggerle, volgerle a questo o a quel fine: una sola cosa non può, non può produrle, e dove son fiacche e logore, non può lei surrogarle. No, ella non può, dove il sentimento religioso languisce, dire: — La religione son io — , e non può, dove l’arte è isterilita, dire: — Arte son io — ; ti può dare una filosofia della storia, del linguaggio, dell’uomo, dello stato; ma non è storia, e non linguaggio, e non è l’uomo, e non è lo stato. Ti dá la coscienza della vita, e non è la vita. Pur quella coscienza non rimane giá vuota e sterile speculazione, ha un’azione sulla vita, un’azione indiretta, piú o meno efficace, secondo la materia in cui lavora. Dico azione indiretta, perché ella non opera solo come scienza, ma come ausíliaria di tutte le forze e interessi morali, e la sua efficacia è condizionata dalla materia che trova. Il suo torto è quando guarda la vita a traverso il suo prisma e la concepisce a fil di logica, e non tien conto della materia che le è data, e lavora a ricrearla a sua immagine, secondo certi suoi tipi o ideali.

Né può essere altrimenti. Ciascuna forza sociale nell’espansione della sua gioventú si oltrepassa e si esagera. La religione, che non è di questo mondo, vuole essere questo mondo; lo stato usurpa a sua volta, e usurpa la famiglia, e usurpa il comune e usurpa la nazione. Anche la scienza è usurpatrice, e invade le altre sfere della vita sociale, e vuole realizzare