Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggi critici, Vol. III, 1974 – BEIC 1804859.djvu/67

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un dramma claustrale 6i


                                    Ma la pena del cor che mi martella
Ne dará vero testimon di fuore,
E la mia rotta e afflitta favella
Fia vero segno del mio gran dolore,
E ha cagion che voglia quel sapere
Ch’io non vo’ dirgli e non posso tacere.
                         
                    

Venga verso la stanza sua, e il Monaco, che intanto preparava «cibi, per non lasciare addietro la memoria d’Iddio e dell’anima, dica cosí cantando come rispetti.

                                                   
                                    L’anima sensitiva che s’inchina
Nel mondo a tutto quel che la diletta,
Apprezza poco la legge divina
E tien civil1 questa vita perfetta,
E cosí stolta nella gran ruina
Del baratro internai cader s’affretta;
Onde cosa peggiore esser non penso
Che nel regno dell’alma regga il senso.
     L’alma piena di fede e semplicetta
Spesso si leva pura a contemplare
Quel ben che veramente la diletta,
E quando a quel piú intenta esser le pare,
Allor dal grave corpo è si costretta.
Che giuso afflitta le convien tornare,
E umi.e e sdegnosa piange e dice:
Deh! chi mi sturba il mio esser felice?
     Quell’anima gentile è sempre viva
E vive Iddio in lei per unione,
Che ha si ben fatto nella vita attiva
Che ha vinto il mondo, la carne e il demone,
E tutta sta nella contemplativa
E gode tutta, e s’ella ha passione,
È per esser legata al corpo tristo.
Dal qual disia disciorsi e star con Cristo.
                    


  1. Civil, mondana.